La critica al nazionalismo israeliano, Moni Ovadia a Fano: «Per la Bibbia la terra è di Dio, lo straniero una benedizione»

La critica al nazionalismo israeliano, Moni Ovadia a Fano
La critica al nazionalismo israeliano, Moni Ovadia a Fano
di Osvaldo Scatassi
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Lunedì 23 Ottobre 2023, 03:10 - Ultimo aggiornamento: 15:49

FANO - Il legame tra l’uomo e la terra. Il rapporto rispetto allo straniero. Il significato di essere umani. La lezione di Moni Ovadia, ieri nella Memo a Fano, ha intrecciato tra loro questi argomenti presenti nella parte iniziale della Bibbia, analizzati con sguardo laico e con un’evidente proiezione verso le grandi questioni che stanno scuotendo il nostro tempo. Come l’accoglienza dei flussi migratori e il conflitto israelo-palestinese.  

I diritti dell’abitare

Temi ricondotti a una stessa argomentazione nella sala ipogea della mediateca in piazza Amiani, dove si è svolto l’incontro conclusivo del terzo festival Parole di giustizia, intitolato: Casa dolce casa? Diritti per abitare il futuro. Davanti a un pubblico di oltre cento persone, il famoso attore, cantante e scrittore ha affermato che, secondo il Vecchio Testamento, «la terra non è dell’uomo, ma è di Dio» e che «tutti gli uomini discendono da una stessa matrice». Non si vede di conseguenza quale autorità o quale legge possa impedire alle persone di scegliere la parte del pianeta da abitare. Ovadia ha dunque ribadito che «l’idolatria verso la terra» è da considerare «la peggiore bestemmia» verso l’ebraismo.

Una censura verso il sionismo, il movimento politico da cui si è sviluppato il moderno nazionalismo israeliano, e verso l’attuale Governo presieduto da Benjamin Netanyahu. Le considerazioni richiamano la recente polemica sulle parole di Ovadia rispetto al conflitto israelo-palestinese, cui sono seguite le sue dimissioni dal teatro a Ferrara. Una vicenda che però non ha in alcun modo sfiorato il suo intervento.

Festival giuridico culturale

Parole di giustizia è un festival giuridico-culturale cui collabora la mediateca fanese (all’inizio dell’incontro conclusivo i saluti sia dell’assessore Samuele Mascarin sia di Valeria Patregnani, responsabile dei servizi bibliotecari) e che è promosso dall’Università di Urbino – Dipartimento di Giurisprudenza insieme con l’Associazione studi giuridici Giuseppe Borrè.

Il suo presidente Livio Pepino ha introdotto la figura di Ovadia, definendolo «un uomo libero ed ebreo per cultura, non per nascita».

Ovadia apprezza il sabato ebraico, che somiglia molto a come dovrebbe essere la domenica dei cattolici. Un giorno che riconduce le persone alla loro «umanità radicale», perché permette «di accudire gli ammalati, di stare in famiglia, di cantare e di giocare insieme», ma non di lavorare, produrre o consumare: «Lo si fa nel luogo in cui ci si trova, in piena libertà di tempo e di spazio». 

Il contrasto stridente

Un contrasto stridente rispetto a «un’umanità che sprofonda nell’insensatezza», che si comporta «come criceti dentro la ruota» e che si lascia ridurre a «funzione di un sistema meccanico». Un’umanità ormai incapace di riconoscere lo straniero per come lo descrive la Bibbia: «Una benedizione, perché mette in discussione le nostre certezze».

I capitoli iniziali della Bibbia non trattano di religione, ma di essere umano. La sua dignità «comincia dal tu», consiste «nell’accettare e amare il prossimo» e precede l’essere ebreo, cristiano, musulmano, buddista o altro. Hanno aperto l’incontro gli interventi del giurista Enrico Gargiulo e dell’insegnante-giornalista Alex Corlazzoli. 

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