FANO - Il legame tra l’uomo e la terra. Il rapporto rispetto allo straniero. Il significato di essere umani. La lezione di Moni Ovadia, ieri nella Memo a Fano, ha intrecciato tra loro questi argomenti presenti nella parte iniziale della Bibbia, analizzati con sguardo laico e con un’evidente proiezione verso le grandi questioni che stanno scuotendo il nostro tempo. Come l’accoglienza dei flussi migratori e il conflitto israelo-palestinese.
I diritti dell’abitare
Temi ricondotti a una stessa argomentazione nella sala ipogea della mediateca in piazza Amiani, dove si è svolto l’incontro conclusivo del terzo festival Parole di giustizia, intitolato: Casa dolce casa? Diritti per abitare il futuro. Davanti a un pubblico di oltre cento persone, il famoso attore, cantante e scrittore ha affermato che, secondo il Vecchio Testamento, «la terra non è dell’uomo, ma è di Dio» e che «tutti gli uomini discendono da una stessa matrice». Non si vede di conseguenza quale autorità o quale legge possa impedire alle persone di scegliere la parte del pianeta da abitare. Ovadia ha dunque ribadito che «l’idolatria verso la terra» è da considerare «la peggiore bestemmia» verso l’ebraismo.
Una censura verso il sionismo, il movimento politico da cui si è sviluppato il moderno nazionalismo israeliano, e verso l’attuale Governo presieduto da Benjamin Netanyahu. Le considerazioni richiamano la recente polemica sulle parole di Ovadia rispetto al conflitto israelo-palestinese, cui sono seguite le sue dimissioni dal teatro a Ferrara. Una vicenda che però non ha in alcun modo sfiorato il suo intervento.
Festival giuridico culturale
Parole di giustizia è un festival giuridico-culturale cui collabora la mediateca fanese (all’inizio dell’incontro conclusivo i saluti sia dell’assessore Samuele Mascarin sia di Valeria Patregnani, responsabile dei servizi bibliotecari) e che è promosso dall’Università di Urbino – Dipartimento di Giurisprudenza insieme con l’Associazione studi giuridici Giuseppe Borrè.
Ovadia apprezza il sabato ebraico, che somiglia molto a come dovrebbe essere la domenica dei cattolici. Un giorno che riconduce le persone alla loro «umanità radicale», perché permette «di accudire gli ammalati, di stare in famiglia, di cantare e di giocare insieme», ma non di lavorare, produrre o consumare: «Lo si fa nel luogo in cui ci si trova, in piena libertà di tempo e di spazio».
Il contrasto stridente
Un contrasto stridente rispetto a «un’umanità che sprofonda nell’insensatezza», che si comporta «come criceti dentro la ruota» e che si lascia ridurre a «funzione di un sistema meccanico». Un’umanità ormai incapace di riconoscere lo straniero per come lo descrive la Bibbia: «Una benedizione, perché mette in discussione le nostre certezze».
I capitoli iniziali della Bibbia non trattano di religione, ma di essere umano. La sua dignità «comincia dal tu», consiste «nell’accettare e amare il prossimo» e precede l’essere ebreo, cristiano, musulmano, buddista o altro. Hanno aperto l’incontro gli interventi del giurista Enrico Gargiulo e dell’insegnante-giornalista Alex Corlazzoli.