Fermignano, botte e abusi sulla compagna
segregata in casa: arrestato l'aguzzino

Fermignano, botte e abusi sulla compagna segregata in casa: arrestato l'aguzzino
di Eugenio Gulini
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Giovedì 20 Dicembre 2018, 10:06
FERMIGNANO - Ossessionato dalla gelosia è arrivato a segregare in casa la compagna, impedendole di uscire e di vedere chicchessia, sequestrandole il cellulare e tenendo lui stesso i rapporti con i familiari e i parenti più stretti. Finchè la donna non è stata liberata grazie anche alle segnalazioni dei vicini di casa.
L’uomo è stato arrestato e, dietro denuncia della vittima, è accusato di sequestro di persona, violenza sessuale e maltrattamenti. L’incubo si è materializzato a Fermignano, svanito solo l’altra notte, grazie all’intervento dei carabinieri della compagnia di Urbino e della locale stazione. In carcere è finito un operaio di 40 anni, di nazionalità italiana, che da tempo conviveva con la 35enne. A ripercorrere i fatti ieri pomeriggio il comandante della compagnia carabinieri di Urbino, Renato Puglisi e il comandante della stazione di Fermignano, Nicola Nocciolino.
  
Martedì scorso arriva una chiamata preoccupata al 112. A contattare la centrale operativa del comando carabinieri ducale alcuni vicini di casa che segnalano al personale dell’Arma situazioni alquanto ambigue circa i rapporti della coppia, che si trascinano ormai da almeno tre-quattro mesi: urla, litigi, pianti.
I carabinieri non sottovalutano la telefonata. Per prima cosa sopraggiunti sul posto cercano di contattare la vittima, ma il contatto diretto è ostacolato da una porta chiusa a chiave dall’esterno. Al di là del portone c’è una donna profondamente scossa che i militari cercano di tranquillizzare e rassicurare. La donna spiega appunto che non può aprire perchè lei non ha la chiave, il suo convivente ha smontato la toppa interna e le ha confiscato il telefono cellulare dal quale ha cancellato tutti i numeri eccetto quelli dei parenti della donna che vengono rassicurati dallo stesso 40enne. Alcune finestre hanno le tapparelle chiuse e bloccate da fil di ferro. Staccati, fino a quando l’uomo non torna dal lavoro, anche acqua e gas. La donna deve rimanere rinchiusa in casa anche per non rendere palesi le conseguenze fisiche derivanti dalle ricorrenti percosse subite, come segni, lividi e parti del corpo tumefatte.
 
I militari capiscono che non c’è tempo da perdere. Vista la gravità del contesto i carabinieri chiamano in soccorso i vigili del fuoco per abbattere la porta che, secondo i racconti di alcuni residenti, presenta sui battenti esterni i segni lasciati da strisce di scotch, sistemate come vero e proprio campanello d’allarme. L’uomo voleva accertarsi che la sua convivente, segregata come una schiava alle dipendenze della sua volontà, non tentasse di uscire o di chiedere aiuto. A supporto è stata chiamata anche un’ambulanza del 118 per le prime cure del caso alla donna poi accompagnata alla stazione dei Carabinieri di Fermignano visibilmente sotto shock. Lei ha rimarcato che negli ultimi 3 - 4 mesi, a causa di una gelosia feroce, il rapporto con il proprio convivente aveva preso una una piega drammatico. Tutti gli espedienti usati dal 40enne dovevano impedire ipotetici ed inverosimili contatti con altri uomini.
Se lei provava a ribattere veniva presa per i capelli e colpita da calci e pugni e lunghe strette sul collo oltre una violenza psicologica che annientava la reattività della donna, che non si lamentava perchè «era meglio essere rinchiusa che subire le violenze dell’uomo», il quale abusava di lei anche sessualmente.
Se si opponeva giù botte. Le poche volte che usciva a passeggio, la donna teneva lo sguardo sempre basso perchè se provava ad alzarlo ed incrociare sguardi maschili veniva presa a gomitate sul costato. Una relazione non più sopportabile, degenerata. L’uomo, ora si trova al regime degli arresti domiciliari in attesa dell’udienza di convalida. Ai carabinieri si è giustificato parlando di «normali rapporti di coppia». Il caso è seguito dal sostituto procuratore di Urbino Simonetta Catani. Sono stati individuati il cellulare, in un cassetto nel suo posto di lavoro, e la chiave di casa che teneva addosso. La donna, dopo aver sporto denuncia, privata della propria libertà personale, è stata portata altrove in un rifugio protetto. Fine di un incubo. Visitata al pronto soccorso presentava ecchimosi su parti del corpo, verosimilmente segno tangibile della violenza fisica esercitata nei suoi confronti.
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