Con l’ombelico ha rotto i tabù, con Carràmba ha portato in tv la gente comune, ricongiungendo fratelli, genitori e figli, vecchi amanti, con i fagioli è stata la vicina preferita degli italiani. Poi c’è la Raffaella Carrà cantante, quella che con i suoi successi discografici - 60 milioni di copie vendute, oltre 20 tra Dischi d’oro e di platino, quando i dischi si vendevano davvero - ha tracciato una linea invisibile che ha unito l’Italia al Sudamerica, passando per la Spagna. Facendo scoprire agli italiani le atmosfere festose e briose del mondo latino anni prima dell’invasione del reggaeton. E ai latini le belle melodie italiane, con canzoni scritte da autori come Cristiano Malgioglio, il suo maestro Gianni Boncompagni, Andrea Lo Vecchio, Franco Bracardi, Paolo Ormi, tradotte, reincise e diventate hit internazionali.
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Gli emigrati
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Da Trieste in giù
Cantando amori diversi da quelli che popolavano le canzoni pop dell’epoca, come ha sottolineato il Guardian nel ritrattone tutto dedicato a lei a novembre, anticipò le provocazioni di Donna Summer e Madonna, contribuendo all’emancipazione delle donne forse più delle femministe che negli Anni ‘70 protestavano in piazza bruciando i reggiseni. Provocò anche lei, ma senza mai cadere nel volgare: «Com’è bello far l’amore da Trieste in giù / l’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu», cantava nel ‘78 in Tanti auguri, diventata un inno per la comunità gay. E in Caliente Caliente: «Il mio corpo si muove svelto e un’emozione mi dà». Tiziano Ferro l’ha omaggiata in E Raffaella è mia (lei ricambiò partecipando al video): «Ho miliardi di ricordi bellissimi ma non ne pubblicherò neanche uno», scrive il cantautore sui social, travolto dal dolore. Elodie l’ha omaggiata anche all’ultimo Sanremo con Rumore, in un medley dedicato alle icone pop. A Sanremo, che condusse nel 2001, la Carrà avrebbe dovuto tornarci il prossimo anno: era l’idea del direttore di Rai1 Stefano Coletta, che l’avrebbe voluta anche all’Eurovision in una veste non meglio specificata. La ricorda anche Vasco: «La più bella e la più brava di sempre». Addio, ciclone biondo.
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