Ospedali, è allarme: «In corsia mancano medici specializzati»

Ospedali, è allarme: «In corsia mancano medici specializzati»
di Lorena Loiacono
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Lunedì 23 Luglio 2018, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 08:30
Medici laureati, ma senza specializzazione: tanti i camici bianchi freschi di studi che, ogni anno, restano fuori dalla scuola di specializzazione. Il ministero dell’istruzione ha aumentato i posti, rispetto agli scorsi anni, ma la richiesta è comunque più alta e anche le Regioni restano sprovviste dei camici bianchi da portare in corsia. Si tratta del cosiddetto «imbuto formativo», uno dei malanni più acuti della sanità italiana: i medici vengono formati ma poi, dopo il corso di laurea di 6 anni, al momento di specializzarsi non trovano posto nelle scuole idonee. Di conseguenza usciranno meno medici specializzati, ad esempio in allergologia, cardiologia o chirurgia, di quanti si sono laureati in medicina: vale a dire, in pratica, corsie e ambulatori senza camici bianchi, lasciati fuori dopo anni di studio. Un problema serio, a cui si sta cercando di trovare una soluzione: il Miur infatti, quest’anno, ha incrementato il numero dei contratti di formazione medica specialistica rispetto allo scorso anno. 

I NUMERI
Saranno 6.200 quelli finanziati con risorse statali contro i 6.105 di un anno fa, 640 con fondi regionali a fronte dei 499 dello scorso anno, 94 con risorse di altri enti pubblici o privati contro i 71 dell’anno scorso. Per un totale di 6934 contratti contro i 6.675 dello scorso anno. Quasi 300 posti in più. Ma il totale non va comunque a soddisfare la richiesta, basti pensare che quest’anno entreranno alla facoltà di medicina dopo aver superato il test di ingresso 9779 matricole. Anche in questo caso si registra un aumento sul 2017 quando i posti disponibili erano 9100. Lo scarto tra chi inizia il percorso e chi lo può portare avanti, accedendo alla scuola di specializzazione, quest’anno è di 2.845 posti. Ma la differenza, nei fatti, è ben più ampia: secondo le stime di FederSpecializzandi dal 2014 ad oggi, ogni anno, sono circa 7mila i medici che rinunciano alla scuola di specializzazione.

Nel 2014 si sono iscritti 12168 candidati a fronte di 5504 posti totali; nel 2015 furono 13188 i candidati a fronte di 6363 posti; nel 2016 si registrarono 13802 candidati per 6725 posti e nel 2017 si sono iscritti più di 15000 candidati per 6676 posti. Ed è proprio la FederSpecializzandi che chiede al Governo un intervento risolutivo: «Serve un adeguato investimento di risorse – scrive l’associazione in una lettera inviata a ministeri e commissioni parlamentari - per garantire il numero di medici di cui nei prossimi anni il servizio sanitario nazionale avrà bisogno». Il numero dei contratti finanziati con risorse statali a livello nazionale viene determinato dal ministero della salute, sulla base dei fabbisogni espressi dalle regioni e dalle province Autonome coinvolgendo anche l’ordine dei medici. Per la loro attribuzione alle singole scuole il Miur si avvale dei pareri tecnici prodotti dall’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica.

LE RICHIESTE
Ai posti per la specializzazione si aggiungono un migliaio di borse di formazione aggiuntive annuali riservate ai corsi di medicina generale, ma non arrivano a soddisfare le richieste. «I numeri – spiega il presidente di FederSpecializzandi, Stefano Guicciardi - rimangono largamente insufficienti per garantire il proseguimento della formazione a più della metà dei medici che ogni anno si iscrivono al concorso. Le stime sul fabbisogno di medici, indicano che i numeri attuali sono ben al di sotto di quelli realmente necessari e pertanto il problema non è più rinviabile. Se non rispondiamo alla richiesta delle Regioni da qui a 10 anni mancheranno i medici da portare in corsia o sul territorio». 

Basti pensare che per l’anno accademico 2017/2018, da parte delle Regioni e delle Province autonome è stata avanzata una richiesta di 8569 posti per medici in formazione specialistica ma le coperture garantite dal bilancio dello Stato ammontano appena a 6200 contratti. Anche considerando i posti messi a disposizione tradizionalmente dalle Regioni, dell’ordine di qualche centinaio, si arriva a un totale 6934. I numeri rimangono insufficienti per fermare l’ormai cronico problema dell’imbuto formativo. 
 
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