L'INTERVISTA
I l duplice timbro ministeriale è ormai scolorito: 20 giugno

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Domenica 9 Agosto 2020, 05:04
L'INTERVISTA
I l duplice timbro ministeriale è ormai scolorito: 20 giugno 2003. Ingegner Alberto Paccapelo, lei è stato per la Provincia di Pesaro e Urbino il progettista del tratto marchigiano della Fano-Grosseto sul quale il ministro dell'Ambiente (Altero Matteoli) e quello dei Beni Culturali (Giuliano Urbani), del secondo Governo Berlusconi, avevano dato parere positivo. La montagna, scivolosissima, sembrava scalata. Poi?
«Quel progetto da 3 miliardi di euro sarebbe ancora appaltabile ma per aggiornarlo serve almeno un anno di lavoro. Sono cambiate le normative tecniche, anche per via di quanto accaduto a Genova, ma la parte urbanistica e ambientale è attuale».
Quanto è costata la sola progettazione?
«L'Anas diede alla Provincia 2,5 milioni di euro per pagare consulenti, specialisti e la parte logistica. Sono stati prodotti 2.500 elaboratori tecnici».
Quando siamo stati realmente vicini a sbloccare tutto?
«Diverse volte. Ma poi ci hanno sempre fermato nel lotto 2: la galleria della Guinza, il valico da Mercatello a San Giustino»
Il Cantiere si è fermato 3 volte dal foro pilota del 1994 in poi.
«La galleria è stata completata nel 2004. Bisognava solo metterla in esercizio (con il terzo stralcio, ndr). Servivano le rampe di salita».
Guinza finita ma abbandonata come una nave nel bosco.
«Al suo interno c'è solo un rivestimento di calcestruzzo. Una galleria ha bisogno di manutenzione normalmente, figuriamoci questa».
L'esempio plastico dello sperpero di denaro pubblico.
«La follia è anche un'altra, il lotto 3: dalla galleria a Mercatello è stata realizzata una strada asfaltata di 4 km a 4 corsie. Ora, la vegetazione la sta ricoprendo».
La Guinza resta il buco nero.
«Con le attuali normative la Guinza non si può aprire. Si deve per forza fare una nuova galleria parallela, in modo che ci siano due percorsi unidirezionali. Il senso unico alternato è stato bocciato e nessuno, ad oggi, si prende la briga di firmare deroghe: al primo incidente rischierebbe di andare sotto processo».
Lei per quanti anni ha seguito come progettista tutto l'iter?
«Io sono entrato in Provincia nel 1979 e l'idea di quella strada era già in piedi. Il progetto lo stava curando, per l'Anas, l'ingegnere Machi di Roma».
Era diverso dal suo progetto?
«Il tracciato saliva molto in alto. La galleria, per questo, era più corta: circa 3,2 km contro gli attuali 6. Prevedeva molti viadotti e altre gallerie. Fu bocciato dalla Sovrintendenza».
Così subentrò la Provincia.
«Il presidente Vito Rosaspina (socialista, al timone della Provincia dal 1980 al 93, ndr) prese in mano la situazione. E io, a partire dal 1982, iniziai a lavorarci: feci tutti i preliminari, poi il pre-foro e tutti i rilievi fino al progetto definitivo. Lavoro enorme. Con la Guinza abbassata di 300 metri».
La fase più delicata?
«Quella autorizzativa. Sfinente. Perché con il progetto abbiamo dovuto mettere d'accordo 27 enti tra Comuni, Sovrintendenza, Anas, gestori di rete...».
Ci sono in Italia trafori simili alla Guinza conclusi positivamente?
«La Quadrilatero è stata fatta in pochissimi anni. E anche se le sue gallerie sono al massimo di un paio di chilometri il costo è stato di circa 3 miliardi di euro. Ho una mia teoria ma non la posso dire».
Diciamo che ottenere altri 3 miliardi per le Marche, solo per il lato pesarese della Fano-Grosseto, era utopia. Matteo Ricci, da presidente della Provincia, provò il Project Financig.
«La Strabag (ditta austriaca che con Astaldi e Cmc aveva formato una associazione temporanea, ndr) cercava la minor spesa. Dal progetto aveva tolto alcune gallerie. In molti si opposero al nuovo tracciato così come al pedaggio che, oggi, sarebbe ancor più inattuabile. Molte aziende sono fallite e i camionisti prendono altre strade gratuite. Chi sbarca a Ravenna e va al sud prende la E45. L'unica via è intercettare i fondi europei in arrivo. Ma questa volta, rispetto al passato, serve una volontà politica vera e forte».
Gianluca Murgia
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