Il bollettino
Un lieve incoraggiamento lo offre la lettura dell’ultimo bollettino della Banca d’Italia, datato gennaio: prevede un tasso di crescita del Pil pari a zero a livello mondiale e +0,2% per la zona-euro. Il documento di programmazione approvato dal governo italiano, nel dicembre scorso, mantiene un orientamento ancor più ottimistico e indica una crescita dello 0,3%. Donato Iacobucci asseconda questo andamento incostante: «A inizio anno il clima congiunturale è sembrato migliorare, dando ragione all’orientamento ottimistico del governo. Il recente crac della Silicon Valley Bank ha contribuito a raffreddare l’ottimismo, anche se le conseguenze non sono ancora chiare». Il prof di Economia politica della Politecnica esalta i particolari: «Da una parte si è temuto un effetto di contagio sui mercati finanziari che, se esteso, avrebbe potuto avere conseguenze anche sull’economia reale. Dall’altro vi è l’idea che al fine di minimizzare l’impatto della crisi le autorità potrebbero mitigare le politiche monetarie restrittive, con conseguente freno al rialzo dei tassi».
Il rallentamento
Certo è che il 2023 sarà caratterizzato da un marcato rallentamento rispetto alla crescita infilata nel 2021 e nel 2022. Ciò che è altrettanto sicuro è che l’attuale situazione sarà contraddistinta dall’incertezza dei principali fattori che possono influire sull’economia: i prezzi delle materie prime, l’inflazione, il rialzo dei tassi di interesse, il protrarsi della guerra. «Le stime di crescita - è la convinzione di Iacobucci - sono destinate a essere continuamente aggiornate nel corso dell’anno. Anche se probabilmente l’andamento finale non sarà molto lontano dallo zero. La variabilità si misura in termini di zero virgola».
Non sarà una trama uguale per tutti. «Vi saranno ambiti in crescita e altri in decrescita. La variabilità - spiega il prof - è fra aree produttive, ma anche fra territori e fra imprese all’interno dello stesso settore». La sintesi: «La crescita zero non implica che l’elettroencefalogramma sarà piatto per tutti e vi è la possibilità di sfruttare le grandi opportunità di cambiamento in relazione alla transizione digitale e a quella ecologica. Per alcuni anni avremo a disposizione una quantità di risorse europee del tutto eccezionali, fondi strutturali e Pnrr. La capacità di spenderli in funzione dello sviluppo sarà fondamentale». Si naviga a vista.
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