L'inchiesta choc nelle Marche: I migranti fantasma. Sigilli a 5 centri Cas

L'inchiesta choc nelle Marche: I migranti fantasma. Sigilli a 5 centri Cas
L'inchiesta choc nelle Marche: I migranti fantasma. Sigilli a 5 centri Cas
di Stefano Rispoli
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Sabato 10 Giugno 2023, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 17:21

ANCONA «Non fatevi rubare la speranza», è il messaggio (copyright di Papa Francesco) che campeggia sotto l’immagine di due mani strette l’una all’altra, nel sito web della onlus umbra L’Aurora. Ma per gli investigatori della Squadra Mobile di Ancona che indagano da due anni dopo le segnalazioni e i controlli della Prefettura dorica, era la stessa cooperativa sociale che si occupa dell’accoglienza dei migranti ad appropriarsi indebitamente di somme ingenti, gonfiando i numeri delle presenze di ospiti stranieri in 5 Cas (Centri di accoglienza straordinari) del capoluogo: un computo dettagliato non è stato elaborato, vista la complessità del caso, ma considerato anche il tenore di vita dei responsabili della onlus - ville, supercar e orologi di lusso - gli inquirenti sono convinti di aver scoperto un considerevole giro d’affari illecito. 


I provvedimenti 

Sette gli indagati per truffa aggravata in concorso ai danni dello Stato. Sono tutti residenti in Umbria. Per 3 di loro è scattata l’interdizione temporanea a contrattare con la pubblica amministrazione per 10 mesi: la misura cautelare, emessa dal gip Sonia Piermartini nell’ambito dell’indagine coordinata dal pm Valentina Bavai ed eseguita dalla Squadra Mobile dorica, guidata dal vice questore Carlo Pinto, ha colpito la 36enne Manuela Morini, presidente del Cda e rappresentante legale della società cooperativa L’Aurora (con sede legale a Perugia e sede amministrativa a Città di Castello, da cui a marzo erano stati sequestrati documenti contabili e telefoni), il marito Filippo Corbucci, 34 anni, vice presidente e consigliere, e il padre di lei, il 61enne Maurizio Morini, dipendente della onlus. Per lo stesso reato sono indagati (senza misure cautelari) altri 4 dipendenti della società, tre donne e un uomo, residenti tra Gubbio e Città di Castello. 

I sigilli 

Nelle scorse ore è scattato il sequestro preventivo di 5 immobili adibiti a Cas per l’accoglienza di decine di richiedenti asilo, dislocati in piazzale della Libertà, in via Esino, in via Maggini, in via Astagno e il quinto nella centralissima piazza Cavour, nel medesimo palazzo che ospita uno studio notarile e uffici comunali, compresa la Direzione Avvocatura.

Appartamenti-horror, secondo gli inquirenti, perché si presentavano in condizioni igienico-sanitarie precarie, tra sporcizia, carenza di stoviglie, biancheria, detersivi e prodotti per l’igiene personale che l’associazione avrebbe dovuto fornire, in base all’accordo quadro biennale da un milione e 753mila euro stipulato con la Prefettura di Ancona nel 2020, a seguito di una regolare gara di appalto.

Gli affari 

Per gli investigatori, la cooperativa umbra faceva affari anche così, risparmiando su tutto, perfino sulle schede telefoniche, sugli indumenti intimi e sulle razioni di cibo quotidiane che, a detta degli stessi migranti - ascoltati in occasione di sopralluoghi effettuati nel gennaio 2021 da rappresentanti della Prefettura e, prima ancora, da vigili del fuoco e Ast - non erano sufficienti e talvolta si presentavano in condizioni deteriorate già all’arrivo, al punto che loro stessi dovevano provvedere a fare spesa con i soldi del pocket money, spesso consegnato in ritardo. Ma l’essenza del presunto raggiro ai danni dello Stato sarebbe consistita nel dichiarare ospiti-fantasma nei Cas gestiti dalla cooperativa L’Aurora: secondo l’accusa, la rappresentante legale e il marito-vice presidente, insieme agli altri 5 dipendenti indagati, avrebbero falsificato ripetutamente i registri per segnare la presenza di ospiti stranieri in realtà assenti, inducendo in errore i funzionari della Prefettura. In questo modo avrebbero percepito indebitamente 29,52 euro al giorno per ogni migrante-fantasma. Calcolare l’importo preciso del presunto raggiro non è semplice, tenuto conto che la onlus gestiva anche altri Cas in Umbria e in Toscana. Ma sarebbero numerose le presenze falsificate, benché la stessa cooperativa neghi tutto e sul suo portale, per un periodo, abbia pubblicato parte delle rendicontazioni, come per voler dimostrare la sua assoluta trasparenza. La società in questione, tramite l’avvocato che la assiste, respinge ogni addebito e sostiene che sia stato creato «un polverone per un migrante che si assentava per lavoro». Ne è nata una querelle a colpi di ricorsi al Tar, culminata con il commissariamento da parte della Prefettura per una serie di inadempienze, il cui provvedimento amministrativo ha innescato quello giudiziario, sfociato nell’emissione delle misure cautelari personali e nei sequestri.

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