Brizzi, primario di riabilitazione: «Il post-Covid? Non solo fiatone. Sonno, depressione e muscoli: bisogna resettare tutto il corpo»

Brizzi, primario di riabilitazione: «Il post-Covid? Non solo fiatone. Sonno, depressione e muscoli: bisogna resettare tutto il corpo»
di Andrea Taffi
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Lunedì 28 Giugno 2021, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 29 Giugno, 09:50

Dottor Alessandro Brizzi, responsabile del reparto di Riabilitazione di Jesi ci racconta come re-insegnate a respirare ai pazienti usciti dal Covid?
«Se permette mi sembra limitativo ridurre la riabilitazione solo all’aspetto respiratorio».

CHI È ALESSANDRO BRIZZI

Alessandro Brizzi, 48 anni, da settembre del 2019 è il responsabile dell’unità operativa complessa di Medicina fisica e riabilitazione percorso ictus dell’ospedale di Jesi. Ha insegnato alla facoltà di Medicina della Politecnica: prima nel corso di laurea in Fisioterapia poi dal 2016 alla scuola di specializzazione.

 
Vero. Il Covid attacca una pluralità di organi fondamentali del corpo. Su che tipo di livelli, e come, agite nel post Covid?
«Abbiamo tre tipi di riabilitazione. Il paziente ricoverato nei reparti Covid, i pazienti ricoverati in riabilitazione intensiva all’interno del reparto di Neurologia diretto dal dottor Alesi e, infine, negli ambulatori. In neurologia capita di avere pazienti negativi da mesi ma alle prese con neuropatie, problemi a muscoli e funzioni cerebrali».
Partiamo dall’ambulatorio, la situazione classica del paziente post Covid.
«Qui a Jesi c’è una struttura unica per le Marche voluta dal dottor Candela. Prevede il richiamo di tutti i pazienti ricoverati a Jesi, poi valutati da un team multidisciplinare di specialisti: internista, infettivologo, broncopneumologo, fisiatra, farmacologo e psichiatra quando ci sono anche ricadute umorali».
Altro che tampone negativo uguale fine della storia...
«È una lettura corretta. Non è la fine della malattia ma l’inizio del recupero».
Ma da che parte si comincia?
«Facciamo una premessa. Il Covid è una malattia complessa in cui alla fine del decorso ci si presentano sintomi e sensazioni che si sovrappongono. Serve un esame medico che filtri questa mole di dati. Un lavoro che poi condividiamo con molti colleghi».
Iniziamo dalla conseguenza classica: il fiatone al minimo sforzo.
«Serve un riallineamento cardiopolmonare fino alla riabilitazione specifica. Che spesso collima con un aspetto di sottile depressione e facciamo difficoltà a capire se è uno o l’altro. Ci vuole del tempo per superare questo aspetto».
Il fiatone o la depressione?
«Tutti e due. Il fiatone non coincide con un problema polmonare puro ma si tratta di muscoli che non riescono ad affrontare la fatica. Come si guarisce? Mettendosi in movimento, però un movimento costante che resta sotto la soglia della fatica. Inutile fare 10 chilometri in un giorno: meglio farne uno tutti i giorni. In questo gioco vince chi è costante anche perché poi si infila il senso di paura alla prima difficoltà respiratoria. Quindi il ricordo della malattia e quello va affrontato».
Presumendo sempre l’esame generale e clinico a monte.
«Esatto: si parte sempre dai dati e dalla spirometria, dagli esami ematochimici e via dicendo».
Vediamo adesso l’aspetto della sottile depressione.
«Vedere l’andamento peggiorativo della malattia che può portare all’ossigeno, agli occhialini e alla maschera se non al casco e all’intubazione è un aspetto che chiaramente rimane in testa al paziente. Molti in quelle condizioni hanno pensato: non so se ce la faccio». 
Proviamo a raccontare i nodi più comuni da sciogliere.
«Intanto il distanziamento sociale che rende difficoltoso il reinserimento, il parlare con le persone. Che invece va sollecitato. Un altro aspetto è la perdita del sonno: chi non dorme, chi si sveglia presto, chi rivive la terapia intensiva. Perdere qualità e quantità del sonno, riposare ha una ricaduta sulla fatica. Ma anche da questo si guarisce. Il tema è che il recupero sulla soggettività dei sintomi è più lungo rispetto a quello dell’oggettività dei sintomi».
Spieghi meglio.
«Gli esami dicono che il paziente sta bene mentre lui dice di no».
E siamo alla respirazione.
«Il paziente negativo fa una rampa di scale e ha il fiatone: questo non va confuso con la dispnea da polmonite. La fame d’aria significa che manca il riallineamento specifico dei muscoli respiratori e dell’apparato cardiocircolatorio, quindi quei muscoli chiedono più ossigeno. Va rifatto il ricondizionamento e il riallenamento delle capacità funzionali respiratorie».
Proviamo con un’immagine: bisogna resettare la centralina.
«Perfetto, ci siamo. Quindi, niente paura: l’ostacolo è superabile».

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