Suicidio assistito, 55enne muore in casa con un farmaco letale fornito dal Ssn: è la prima volta in Italia. L'ultimo messaggio: «Sono libera»

«Il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal Ssn e un medico»

Suicidio assistito, 55enne muore in casa somministrandosi un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale: è la prima volta in Italia
Suicidio assistito, 55enne muore in casa somministrandosi un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale: è la prima volta in Italia
di Redazione web
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Martedì 12 Dicembre 2023, 18:28

La donna triestina di 55 anni affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva, che aveva chiesto di accedere al suicidio assistito, è morta il 28 novembre a casa sua, a Trieste, a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale. Lo rende noto l'associazione Luca Coscioni.  La donna, afferma l'associazione, è «la prima italiana ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza Cappato, con l'assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale». È la terza persona seguita dall'associazione ad accedere alla morte volontaria assistita in Italia, la quinta ad aver avuto il via libera. La prima in Fvg. 

L'ultimo messaggio: «Io oggi sono libera, non poterlo fare sarebbe stata una vera tortura»

Anna (nome di fantasia della donna) ha voluto lasciare un messaggio, le ultime parole dirette ai suoi cari, e a chi le è stato vicino fino alla fine: «Anna è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò “Anna”.

Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere».

«Il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal Ssn e un medico»

A seguito dell'ordine del Tribunale di Trieste, spiega l'associazione in una nota, «il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal Ssn e un medico individuato dall'azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l'azione richiesta nell'ambito e con i limiti previsti dalla ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste il 4 luglio, e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza della donna».

La donna triestina aveva 55 anni

La 55enne, spiega Filomena Gallo, avvocata e segretaria dell'associazione Luca Coscioni, «è la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte dei medici incaricati di effettuare le verifiche sulle condizioni, che l'assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così anche la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l'impiego di supporto ventilatorio nelle ore di sonno notturno. Emerge che, rispetto alla procedura eseguita di riscontro delle condizioni di una persona malata in Fvg, risulta non fondato e paradossale il diniego ricevuto invece nel Lazio da Sibilla Barbieri, anche lei dipendente da trattamenti vitali ma costretta a morire in Svizzera. Per la prima volta inoltre in Italia una persona ha avuto accesso all'aiuto alla morte volontaria interamente nell'ambito del Servizio sanitario pubblico a seguito dell'ordine di un giudice».

La donna si era rivolta alla «giustizia civile e penale»

La donna triestina, ripercorre l'associazione, si era rivolta alla «giustizia civile e penale» per ottenere l'applicazione della sentenza Cappato. «Aveva voluto personalmente - sottolinea Gallo - depositare dai carabinieri l'esposto contro l'Azienda sanitaria universitaria giuliana isontina e partecipare alla prima udienza civile in Tribunale a Trieste, che ha poi emesso una ordinanza di condanna di Asugi di applicare la sentenza della Consulta. L'azienda sanitaria ha dato applicazione alla decisione del giudice e, sussistendo tutte le condizioni indicate dalla Corte costituzionale con sentenza 242/19, si è fatta carico dell'intero percorso. Ha dunque messo a disposizione il farmaco, la strumentazione e il personale sanitario su base volontaria».

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