Ritrovate le immagini delle 14 suore martiri polacche, furono stuprate nel 1945 dai soldati dell'Armata Rossa

Ritrovate le immagini delle 14 suore martiri polacche, furono stuprate nel 1945 dai soldati dell'Armata Rossa
Ritrovate le immagini delle 14 suore martiri polacche, furono stuprate nel 1945 dai soldati dell'Armata Rossa
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Martedì 26 Marzo 2024, 18:17

Le poche fotografie – tutte straordinarie - sono emerse da archivi, spuntate fuori da faldoni ingialliti, recuperate grazie al lavoro certosino di una suora polacca che per anni ha raccolto e messo assieme una montagna di materiale utile a dare un volto e far riconoscere al Vaticano la santità e il martirio delle suore violentate e uccise in modo barbaro “in odium fidei”, nel gennaio 1945, dai soldati dell'Armata Rossa quando arrivarono a occupare la Prussia Occidentale. I militari sovietici furono spietati con i cattolici e in questo caso di martirio lo stupro fu usato come strumento per intimidire, ateizzare i territori occupati, nell'obiettivo di annientare la Chiesa Cattolica. «Durante l’uccisione le Serve di Dio indossavano l’abito religioso. Le suore uccise giacevano a terra, i loro veli erano stato strappati dal capo. Erano terribilmente insanguinate. I Russi sapevano di uccidere delle monache. Dicevano “Manaszka” (monaca). Sentii da persone laiche che i primi Russi che vennero nei territori prussiani si accanirono molto contro le monache e l’abito religioso. Dicevano: “Vaticano”» si legge nei documenti conservati e consegnati a Papa Francesco, redatti da suor Lucia Jaworska, la postulatrice che ha fatto avere al Messaggero il materiale fotografico capace di dare un volto a quelle quattordici donne coraggiose oltre ogni limite. 

Madre Christophora era la superiora delle religiose e fu tra le prime a subire un destino orribile. La stessa sorte toccò a suor Leonis che venne poi deportata in Siberia dove morì nel giugno di quell'anno, a soli 32 anni, assieme a suor Mauritia e suor Tiburtia. Suor Sekundina e suor Altegard, invece, furono ritrovate con il corpo a brandelli e una bottiglia infilata nel collo dell'utero. Indossavano ancora l'abito dell'ordine religioso di Santa Caterina Vergine.

Suor Aniceta resistette come potè ma venne colpita subito da un colpo di fucile sparato a bruciapelo morendo dissanguata. Alcuni corpi furono sepolti poi in una fossa comune, per altre, invece, il corpo non è stato mai ritrovato. Sono però state raccolte tutte le testimonianze dell'epoca e la memoria è arrivata fino ai giorni nostri.

Le quattordici suore martiri scelsero di restare nei conventi e nelle strutture mediche per non fare mancare aiuto ai civili stremati. Il territorio era allo sbando. Sapevano perfettamente dei rischi che avrebbero corso. La nomea dei soldati dell’Armata Rossa era ben conosciuta. Il grosso delle suore di Santa Caterina fece in tempo a evacuare prima dell’arrivo dei soldati. Attraversarono la Germania e si salvarono. I militari sovietici presero subito d'assalto il convento e l'ospedale dove prestavano servizio le religiose, dirigendosi poi negli scantinati e nei bunker dove alcune si erano rifugiate assieme ai medici e ai malati. Nessuna città dove lavoravano le suore di Santa Caterina venne risparmiata: Guttstadt, Braunsberg, Danzica, Heilsberg, Rasten-burg, Wormditt, territori oggi polacchi ma dopo l'invasione del 1939 da parte dell'esercito di Hitler furono annessi alla Germania: la Prussia occidentale, Poznań, l’Alta Slesia e l’ex Città libera di Danzica. 

Il Dicastero dei Santi ha affermato che il martirio è chiaro e formale. «Le suore rimasero fedeli alla propria vocazione accettando il rischio, pur di rimanere accanto agli ammalati, ai bambini e agli orfani. Pur avendo avuto la possibilità di fuggire, come fecero altre religiose anche della stessa Congregazione, rimasero al proprio posto prodigandosi per il bene del prossimo. La fama di martirio è rimasta costante nel tempo, soprattutto nei luoghi in cui si verificarono i fatti e all’interno della Congregazione di appartenenza».

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