Il regista Massimo Duranti: «Io e i Recremisi stregati dal teatro»

Il regista Massimo Duranti: «Io e i Recremisi stregati dal teatro»
Il regista Massimo Duranti: «Io e i Recremisi stregati dal teatro»
di Lucilla Niccolini
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Domenica 7 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:55

Se anche noi, come sostiene Prospero nella “Tempesta” di Shakespeare, siamo fatti della stessa materia dei sogni, Massimo Duranti ha fatto di quella materia una missione. Rincorrendo un sogno fin da ragazzo, l'ha afferrato, e l'ha realizzato. Si chiama teatro, l'ha battezzato Recremisi. «Gruppo, non “compagnia”, parola che nel '77, quando l'abbiamo fondato, sapeva di borghese. Né “collettivo”, che agli orecchi dei Salesiani, dove nacque, poteva suonare trasgressivo». Massimo, classe 1960, aveva 17 anni, quando diede forma al suo progetto, che accarezzava da quando ne aveva 14.

La chiesa

«Nella parrocchia di corso Carlo Alberto, un prete, don Franco Lucchetta, aveva coinvolto noi adolescenti nella messinscena di una sacra rappresentazione per la Settimana Santa. Mi scelse per fare la comparsa: fu un'esperienza nuova, che mi conquistò, cui seguirono altri spettacoli». E quando don Franco viene trasferito altrove, Massimo decide che questa storia non può finire. «Con Fabrizio Gioacchini e Roberto Bolognini, metto in scena un'altra “passione”, selezionando le frasi del Vangelo, che parlavano di più ai giovani, commentate da musiche dei Genesis e dei Pink Floyd. Quando andai alla Siae, per pagare i diritti, mi chiesero il nome della compagnia. Traducemmo King Creamson, un gruppo rock che allora mi piaceva molto, e ne uscì “Re cremisi”, anzi Recremisi».

L’esordio

Il primo spettacolo del Gruppo, nel teatro Italia dei Salesiani, risale al 24 marzo del '78. «All'inizio, ci fu chi ironizzò sul nome: un re cremisi, cioè “rosso”. Comunista? Macché! Vero è che, iscritto all'Itis Volterra di Torrette, ero rappresentante degli studenti negli organi collegiali, con Fabio Sturani. E frequentavo il Movimento studentesco, in via Pizzecolli: volantini e tanti discorsi di politica, pochi fatti. E nessuna tessera». La sua fede era, e resta, il teatro. Anche se, a 22 anni, perito chimico, è andato a lavorare all'Api. «Né per lavoro, né per hobby mi sono mai allontanato da casa. Nato in via Anders, traversa di via Maggini, abito a Monte Dago, sopra la vallata detta Borcelì, dove viveva mio bisnonno Cesare.

Il cerchio si chiude, alle radici». Anche con il Gruppo Recremisi, gli spostamenti non sono stati drammatici. «Lo creammo attingendo di nascosto dai nostri scarni libretti postali. Nel tempo è cresciuto: siamo arrivati a oltre una sessantina di adesioni. Uno spettacolo all'anno, e tante new entry». Tra loro, nei ruggenti Ottanta, una bella ragazza di 14 anni, Luigina Bisceglia. «Nell'87 è diventata mia moglie, e ha continuato a collaborare con me: non solo attrice e regista, ma anche disegnatrice di costumi, che poi realizzava sua mamma sarta».

Nel 1991, lasciato l'oratorio salesiano, per motivi logistici, Massimo trasferisce il “gruppo” in via Trionfi. «Lino Terra, fondatore e anima del Teatro del Canguro, ci permise di usare la loro sala prove, un grande garage, dalle 20 in poi. Non lo ringrazierò mai abbastanza, per noi fu di vitale importanza». Poco dopo, nel '92, si inaugura in pompa magna, a Passo Varano, un nuovo edificio polivalente: il Panettone. «A pianoterra, lo spazio per il mercato, che non è mai stato usato come tale. Nasceva allora Joyland, alla Baraccola, un'altra storia». Solo qualche anno fa, ha cambiato pelle: ora è una scuola di danza. Sopra, una palestra, intitolata a Roberto Sabatini.

La proposta

Al terzo piano, l'auditorium è rimasto inutilizzato per molti anni. «Noi provavamo nelle aule di una ex scuola lì davanti, e a me pareva un peccato che quella sala andasse in rovina, invasa da piccioni e topi. Andai a parlare col sindaco e con l'assessore al patrimonio, che coinvolsero tutte le associazioni culturali del territorio. Si dimostrarono interessate, ma poi si dileguarono, una volta scoperto che si chiedeva loro di investire nella gestione». Chi si ferma è perduto, è la massima di Massimo Duranti e del suo gruppo. «Ci abbiamo lavorato molto: soldi e braccia. E dal 2012, siamo riusciti a varare una stagione di prosa “alternativa” per Ancona: Made in Marche, Contemporaneo e Tout le Cirque. Credo in un teatro sociale, per tutti». Un giovane grafico, Umberto Rozzi, ha disegnato un logo, in cui un bambino, seduto su un mantello rosso, ha in testa una corona di cartone dorato. Perfetto.

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