Raffaello inedito al Fossombrone Teatro Festival, l'attrice Giulia Bellucci nei panni della Fornarina

Raffaello inedito al Fossombrone Teatro Festival, l'attrice Giulia Bellucci nei panni della Fornarina
FOSSOMBRONE - È una storia d’amore a restituirci uno sguardo più umano del divin pittore: “Ghita, storia della Fornarina”, secondo...

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FOSSOMBRONE - È una storia d’amore a restituirci uno sguardo più umano del divin pittore: “Ghita, storia della Fornarina”, secondo appuntamento della 19esima edizione del Fossombrone Teatro Festival (Piazza Mazzini, questa sera alle 21,30), racconta infatti un Raffaello inedito, umano, preda delle passioni, diviso, combattuto tra la carnalità dell’incontro amoroso e la sacralità più assoluta dell’arte. Ad interpretare Margherita Luti è l’attrice Giulia Bellucci, diretta da Giacomo Ferraù. 

Per la Bellucci è un ritorno nella sua terra d’origine, un’occasione per raccontare una storia senza tempo, sospesa e magica, nel respiro di un racconto che, senza fornire una cronologia esatta, evoca i ricordi di un equilibrio precario tra ascetismo e passione. E della terra d’origine della Bellucci e di Raffaello è la lingua usata nello spettacolo: «Una sorta di grammelot ispirato al “nostro” modo di parlare che richiama la lingua del tempo. Ci sono sonorità che richiamano la lingua antica ma anche il dialetto delle nostre zone, come una “pennellata” che restituisce i vari personaggi della storia: dal romano al lieve eco toscano, passando per il fossempronese e l’urbinate. Non c’è un’operazione filologica, ma piuttosto un voler mantenere lo spettacolo in uno spazio di tempo sospeso tra passato e presente».

 

Raffaello innamorato

È un Raffaello uomo e innamorato quello che racconta Ghita, «una storia d’amore, anche questa senza tempo - prosegue Bellucci - Dal momento che Raffaello amava molto le donne, la sua figura viene restituita da uno sguardo femminile che ci sembrava interessante: un amore senza tempo, antico, ma anche contemporaneo». Dal divino all’umano, un modo per avvicinare una figura apparentemente così lontana ad un sentire più vicino anche ai giovani: «Oltre che femminile, lo sguardo è anche totalmente “profano”, quello che si avvicina all’emozione che proviamo quando vediamo un capolavoro senza avere studiato arte. Ghita era una donna semplice, illetterata, figlia del popolo, ma che riconosceva la potente carica dell’arte, tanto da desiderare di entrare in ogni quadro. Un po’ quello che proviamo noi, che sottolinea quindi quanto l’arte possa essere universale dal punto di vista delle emozioni e ti possa arrivare a prescindere da quello che hai studiato». Un Raffaello profano: «Diciamo che la cosa bella, al di là del suo essere divino nell’arte, è proprio conoscerlo come uomo e per questo fargli acquistare ancora più potenza. Raffaello era un uomo che si sapeva sporcare coi colori, ma non solo e questo lo rende ancora più profondo e articolato. Rivederlo così, nella meraviglia dei suoi quadri, è quasi struggente». 


L’eternità


L’amore secondo Ghita è assoluto e ha un solo nome, Raffaello, mentre lui non le darà mai completamente se stesso e la sua vita, ma le concederà l’eternità: lei diventerà uno dei suoi più enigmatici capolavori, l’unico dipinto fatto senza committente, per sé stesso e nessun altro, la Fornarina. Ingresso gratuito, info 0722327841. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico