ANCONA - Un disco. Un tour. Un film. “Made in Italy” di Ligabue si fa in tre. E dopo una pausa forzata di sei mesi torna sui palchi italiani. Questa sera tocca al...
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Passata la paura, si torna a fare del rock’n’roll. Ligabue non sa stare lontano dal palco. E, come promesso, il grande ritorno è arrivato. E con qualche cambiamento sulla scaletta. Infatti in questa nuova tranche ha rinunciato ad eseguire per intero l’album “Made in Italy”, suonato dall’inizio alla fine, invece, nelle prime date già consumate del tour. A beneficio di un ingresso massiccio dei pezzi storici che hanno segnato la sua carriera. Quindi una sorta di greatest hits. E sullo sfondo il maxi schermo in cui si alterneranno alcune immagini dell’omonimo nuovo film di Ligabue in uscita nelle sale italiane il prossimo anno. Tra i protagonisti della pellicola Stefano Accorsi e Kasia Smutniak. “Made in Italy” è il terzo film in cui Ligabue compare in veste di regista, dopo “Radiofreccia” del 1998 e “Da zero a dieci” del 2002.
“Made in Italy” è un concept. È la storia di Riko, «un uomo onesto che vive di un lavoro che non ha scelto, nella casa di famiglia che riesce a mantenere a stento - si legge nella sinossi - un uomo molto arrabbiato con il suo tempo, che sembra scandito solo da colpi di coda e false partenze». La trama del concept s’intreccia, nello spettacolo live, con le tante altre storie raccontate nei brani di Luciano, in quel tipico incedere da storyteller con cui ha saputo descrivere generazioni di giovani sospesi tra sogno e realtà. Il rock è il linguaggio del Liga, ben strutturato in ogni brano dell’album. E dal vivo le sue canzoni prendono vita. Decollano in assoli di chitarra del fedele scudiero Poggipollini, colonna portante tanto del disco quanto dello show. “Made in Italy” è un album completo, dove ogni canzone continua a tessere la tela di un racconto che vuole far riflettere.
Si nasce incendiari, si muore pompieri. Così si dice. Ma Luciano la fiamma del rock’n’roll, invece, non l’ha mai spenta. Anche nelle ballads più leggere e intrise di sentimenti, il Liga tiene sveglio e pulsante il suo cuore “rock”, che dal vivo scalda il pubblico a colpi di riff e sezione ritmica travolgente. Lui sa giocare con la platea. Li conquista fin dalle prime note, e poi li porta dove vuole. I suoi concerti sono riti collettivi, di partecipazione e condivisione. C’è chi lo ha nominato il Bruce Springsteen d’Italia. Per carità, con tutte le dovute proporzioni. Però ci sta. È il rocker del popolo. E sa parlare dritto al cuore di chi lo ascolta. Senza mezzi termini e sovrastrutture. Proprio come i suoi live: diretti, intensi e carichi di emozioni. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico