Il balcone di Giulietta, meta di culto per tutti gli innamorati del mondo

Il balcone di Giulietta, meta di culto per tutti gli innamorati del mondo
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Oh! Come entrasti tu qui? Ed a qual fine? I muri che circondano questo giardino sono ardui, e pressoché inaccessibili; ed il luogo in cui stai ti sarà tomba, se alcuno de’ miei ti sorprende». Così scrisse William Shakespeare, nella seconda scena del secondo atto quando Romeo si presentò sotto il balcone dell’amata.


Il numero 23 di via Cappello
Al numero 23 di via Cappello, naturale prolungamento di via Mazzini a poche decine di metri dal Piazza delle Erbe, sorge la casa in cui, secondo la tradizione, abitò Giulietta Capuleti. La casa-museo di Giulietta ha sede in una solida costruzione di impianto medievale, dove forse sin dal XIII secolo risiedeva la famiglia Dal Cappello. Famiglia che da il nome alla via, il loro emblema è posto in rilievo sulla chiave di volta dell’arco interno del cortile. L’intero nucleo, che svolse in epoche diverse varie funzioni, fu completamente restaurato sotto la direzione dell’allora direttore dei musei civici Antonio Avena, nei primi decenni del novecento quando, dopo l’acquisto da parte del comune di Verona venne adibito a museo. Celeberrima anche la statua bronzea di Giulietta, che venne posizionata alla fine degli anni sessanta, tra le più fotografate e sfiorate dai turisti (e innamorati) in segno di buon auspicio cui i turisti e gli innamorati amano farsi fotografare. Per completare la visita è possibile anche visitare il sarcofago di marmo rosso di Giulietta: situato nell’ex convento di San Francesco al corso, oggi sede del museo degli affreschi Cavalcaselle, è ritenuto il sepolcro della tragica eroina shakespeariana.

Una meta di visite
Sin dai primi decenni dell’Ottocento la tomba divenne meta di una sorta di culto vagamente superstizioso. Shakespeare, che rese famosa Verona, pare che qui non ci sia mai stato, anche se ancora vive la “leggenda” che vuole il genio di Stratford-Upon-Avon di origine italiana. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico