Alla “febbre del ritocco” c’è un limite e i chirurghi plastici devono saper dire di no. A ricordarlo è la Società italiana di chirurgia...
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Un confine da non superare
Questi difetti possono essere congeniti, acquisiti o conseguenti al processo di invecchiamento e hanno la caratteristica comune di provocare un disagio esclusivamente psicologico al soggetto. Ma c’è un confine da non superare. «Il ruolo del chirurgo estetico, se ha esperienza e capacità, è quello di correggere il difetto - dice ancora Cordova - modificando la forma anatomica verso un aspetto naturale e armonioso. Nulla a che vedere con l’assecondare idee bizzarre. Questi casi non hanno nulla a che fare con la finalità della chirurgia plastica e della chirurgia estetica, anzi rappresentano proprio il confine che non si dovrebbe superare per accontentare le richieste del paziente».
Non si può tornare indietro
Ancora una volta, quindi, la Sicpre ribadisce che la chirurgia è una cosa seria: ogni gesto chirurgico è «unico e irripetibile» e, una volta fatta l’incisione, non si torna indietro. «Esortiamo quindi i chirurghi - riprende Cordova - a mantenere nell’esercizio della chirurgia estetica un’etica medica che innanzitutto chiede il rispetto della massima “primum non nocere”. È fondamentale non spingersi oltre i confini dell’armonia anatomica per assecondare le richieste dei pazienti». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico