Zuppe e brodo sono gli antidepressivi naturali Le Marche fanno gola anche d'inverno dall'anatra e visciole alla carbonara di gnocchi

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Brodo e zuppe, il comfort food dell'inverno...

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Brodo e zuppe, il comfort food dell'inverno

Brodo e zuppe, comfort food per antonomasia. Sono piatti che appagano la fame, deliziano il palato e zeppe di bontà sono degli antidepressivi naturali. Vantano proprietà che aiutano a ridurre lo stress e a risollevare il morale ed evocano ricordi e pure la grande Storia. Le zuppe, ad esempio, sono all’origine della parola “restaurant”. Nome dato nella Parigi del XVIII secolo agli ambulanti che proponevano «brodi che rinvigoriscono e ristorano». Ma quel che conta è che, in ogni sua variante, sono racconti veraci di un territorio e della sua gente. Intanto, è il brodo di carne o vegetale a regalare quel sapore deciso alle zuppe.

Le usanze

Quello di carne varia a seconda delle usanze e dei macellai. Nel fermano, si consiglia di usare le punte di petto del manzo, il muscolo, la costata, il taglio esterno del lombo di spalla e il cappello del prete, taglio sempre di spalla leggermente venato di grasso. Ad Ascoli Piceno e nel maceratese si preferisce il muscolo di vitellone, biancostato di pancia, guancetta, lingua di testina di vitello, nervi di zampa, fette di coda e gallina. Mentre nell'anconetano, carne vaccina, gallina ruspante, lingua, coda e la guancia del vitellone. Nel pesarese il brodo è di manzo e di cappone e nelle cucine degli chef "va messo a freddo" con carota, sedano, cipolla, alloro e chiodo di garofano. C'è chi mette dell'anice stellato e del limone per eliminare la punta di grasso. Lucio Pompili al Symposium fa un primo brodo dove mette il cappone con la carcassa, le verdure e gli odori, poi filtra e fa raffreddare. Lo usa allora come base per un altro brodo a cui aggiunge altre verdure, altri odori e un bel pezzo di manzo. Le zuppe consentono di fare un bel tuffo nella storia locale. A Ripatransone, il piatto tipico è “Lu ciavarre”, Un’antica minestra di cereali e legumi che serviva a svuotare la madia dei suoi legumi ad inizio primavera. È pure chiamata la “ricetta delle dodici pentole” tanto per sottolineare che il vero trucco è rispettare i vari tempi di ammollo e di cottura. Nella sua composizione ci sono fagioli rossi, borlotti, cannellini, bianchi di Spagna, ceci, piselli secchi, lenticchia, cicerchia, grano turco, grano, fave e favino. Per chi vuole assaggiare, è un piatto fisso nel menù del ristorante-pizzeria Lu Cuccelò. (www.lucuccelo.it) Altro piatto mitico è la zuppa di cicerchia Presidio Slow Food a Serra De Conti. Di solito, nella festa che gli dedica il paese a novembre, la si serve in una pagnotta di pane scavata. Nel box, a fianco, la ricetta magari da servire nel coccio. Come quelle proposte a Fabriano alla “Taverna da Ivo”. Felice crocevia tra le cucine umbre e marchigiane, il goloso e buongustaio trova zuppe verace come quella rustica e un minestrone a dadoni che profuma dei sapori di stagione. (www.tavernadaivo.it) Gradara, è un’altra sosta gourmet da mettere in road map. Nella rocca più celebre delle Marche, teatro dell'amore proibito tra Paolo e Francesca, ci sono i tipici “Tagliolini con la Bomba”. Piatto proposto dallo chef Alessandro Alessi dell'Osteria “La Botte” altra felice cucina di confine ma tra il pesarese e la Romagna. Una pasta fresca cotta nel brodo di carne colorato di pomodoro che, a contatto con il lardo e la cipolla appena rosolati, crea un'esplosione di vapore e fa il rumore a cui deve il suo nome. (www.labottegradara.it)

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