PESARO Lo choc ieri rimbalza di chat in chat, quelle dei gruppi delle mamme, le più incredule per la tragedia innescata da una banalissima otite. «Ma è Mecozzi...
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Ma Mecozzi per ora non grida, parrebbe avere scelto il silenzio. Almeno per il momento. Niente telefono, cellulare staccato, lo studio di Pesaro - alla Celletta - chiuso. Ha trovato protettivo rifugio nel suo casolare di Villa Betti, un’oasi bucolica in una campagna da cartolina, baricentrica tra Monteciccardo e Mombaroccio: «Sono distrutto». Con lui la famiglia - la moglie e i quattro figli - e qualche fidatissimo amico. E’ la famiglia il cordone sanitario tra il medico e il resto del mondo. La giovane figlia fa da barriera a chiunque cerchi di varcare quell’isola di pace apparente. Gentile, educata ma irremovibile: «Mio padre non può ricevere, non rilascia nessuna dichiarazione. Quando deciderà di parlare sarà lui a farsi vivo. Ma ora non insistete, non è il momento. Abbiate la sensibilità di capire quello che è successo. Grazie». Fine del colloquio. Gli sparuti vicini che condividono con lui tortuosi sentieri sterrati e panorami ubertosi lo hanno visto fino all’altro giorno: «Cordiale, disponibile, riservato. Lo si vede soprattutto andare su e giù con l’auto. A volte guida lui, altre volte la moglie». Ma poche confidenze.
Mecozzi, 55 anni, originario di Roma dove si è laureato in Medicina nel 1996, è conosciutissimo tra i cultori dell’omeopatia. Un uomo religiosissimo viene descritto da chi lo conosce. Un fervente credente anche se da collocare in frange di confine con la chiesa cattolica. Tanto da aver fatto parte in passato di gruppi di preghiera improntati a un forte misticismo come quello del Roveto Ardente, da tempo sciolto dopo essere stato al centro di un’inchiesta giudiziaria partita da Varese e conclusasi con un’archiviazione per le accuse di truffa e circonvenzione di incapace. Una storia che ancora oggi gli ambienti religiosi ricordano bene anche se poi i più preferiscono ricorrere all’alibi del tempo passato e della memoria che si affievolisce. Era la metà degli anni 2000. Cellule di Roveto Ardente si erano sviluppate in tutt’Italia, alcune anche nel Pesarese, proprio a cavallo tra Fano, Saltara e Mombaroccio, tanto che un sacerdote del Fanese era finito al centro dell’inchiesta, coinvolto nelle indagini della Digos, per poi finire assolto al processo. Le cellule erano note proprio per la forte impronta mistica con incontri connotati da lunghe sedute di preghiera di gruppo con imposizioni delle mani da parte di figure carismatiche. Il proselitismo del Roveto Ardente aveva conquistato pure diversi professionisti locali, tra loro anche il medico Mecozzi, già indirizzato verso l’omeopatia. Qualche familiare di fronte a tanto fervore si era pure preoccupato ed aveva finito con il chiedere l’aiuto discreto della polizia, chiedendo di indagare e accertare che tutto all’interno del gruppo pesarese, così chiuso verso l’esterno, fosse limpido.
Di certo a qualche stranezza i membri del Roveto Ardente erano abituati e non solo perchè agli albori avevano celebrato matrimoni tra seguaci vestiti alla maniera di Camelot. Il gruppo aveva annunciato la fine del mondo per il 2008 e in tanti ci avevano creduto. Anche lo stesso medico, che per un periodo aveva deciso di lasciare la professione, già avviata con un discreto successo, per lavorare come magazziniere alle dipendenze di una catena della grande distribuzione. Roveto Ardente in effetti non è sopravvissuto (si è sciolto poco dopo), mentre il mondo è riuscito comunque a cavarsela a dispetto delle profezie millenaristiche. E adesso Massimiliano Mecozzi si prepara a un’altra Apocalisse. Ma questa, purtroppo, è un’altra storia. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico