Denuncia una rapina, ma sangue e Dna la incastrano: a giudizio per furto e simulazione di reato

Denuncia una rapina, ma sangue e Dna la incastrano: a giudizio per furto e simulazione di reato
FANO - Sanguinante dice di essere stata vittima di una rapina, ma le indagini e la prova del Dna dimostrerebbero tutt’altro. Tutto le torna indietro con gli interessi...

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FANO - Sanguinante dice di essere stata vittima di una rapina, ma le indagini e la prova del Dna dimostrerebbero tutt’altro. Tutto le torna indietro con gli interessi perché finisce a processo accusata di furto e simulazione di reato. E’ la storia di una 38enne di origini napoletane, nomade, che una sera, dopo aver litigato con la suocera, avrebbe preferito dormire in auto a Fano, in via della Marina.

 

Nell’ottobre del 2018 si è presentata dai carabinieri ferita a un braccio raccontando di essere stata rapinata. Mentre dormiva nell’auto avrebbe sentito dei rumori. Aperti gli occhi avrebbe visto alcune persone incappucciate che stavano armeggiando in un’auto parcheggiata lì vicino. Lei ha raccontato ai militari di aver urlato contro i rapinatori, poi si sarebbe avvicinata a un’auto con un finestrino semi aperto per impedire un altro furto. Qui i malviventi le avrebbero incastrato il braccio chiudendo il finestrino e portato via il cellulare con cui lei voleva chiamare le forze dell’ordine. Poi i due banditi se ne sarebbero andati in tutta fretta e lei è finita al pronto soccorso per farsi medicare il braccio ferito. Ha avuto una prognosi di 5 giorni. 
Ma il racconto della donna fa acqua. Non ha saputo fornire la marca del suo cellulare, dicendo che glielo aveva prestato la figlia e ci avrebbe messo la sua sim card. E i carabinieri, approfondendo, hanno scoperto che la donna era già gravata di diversi precedenti per reati contro il patrimonio, furti e danneggiamenti. E soprattutto, c’era un altro particolare che non tornava. I rapinatori, a detta della donna, avrebbero alzato il finestrino per incastrarle il braccio. Il tutto senza avere le chiavi. Non solo, il veicolo aveva la batteria scarica come confermato dal proprietario del mezzo. Quindi quel vetro non si sarebbe potuto alzare. Le indagini sono andate avanti finché i carabinieri hanno fatto analizzare le tracce di sangue all’interno del mezzo al Ris di Roma. Erano presenti su volante e comandi. Ebbene erano della donna. Circostanza che per l’accusa è difficilmente spiegabile se lei non fosse stata all’interno del veicolo. 

L’accusa

A lei viene imputato il tentato furto su una Renault Clio parcheggiata nella via. Qui avrebbe cercato di forzare la guarnizione ma non è riuscita ad aprire lo sportello. Poi si sarebbe diretta su una Peugeot forzando la portiera per poi prendere 30 euro dal vano portaoggetti. Furto aggravato dal fatto di averlo commesso usando violenza sulle cose esposte nella pubblica via. La donna è difesa dall’avvocato Matteo Mattioli. Ieri l’inizio del dibattimento in Tribunale.

 

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Corriere Adriatico