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VALLEFOGLIA - L’ha acquistato lo scorso febbraio da una famiglia cinese ma, per poterlo inaugurare, ha dovuto aspettare giugno. Ora Luca Mancini, titolare del Caffè della Fortuna, è uno dei negozianti prigionieri dei “finti” centri commerciali.
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Il suo locale, licenza alla mano, fa parte tecnicamente del complesso “CentoVetrine” di Morciola di Vallefoglia ma, nei fatti, ha un ingresso e uscita indipendenti che danno sull’esterno.
«L’abbiamo saputo venerdì»
Morale? «Venerdì pomeriggio abbiamo saputo che sabato e domenica saremmo dovuti restare chiusi: abbiamo perso 4 mila euro e domani è giorno di stipendi per i miei 5 dipendenti e le loro famiglie. Chi paga?» si chiede Mancini, primo impiego alla Rivalcold, già gestore del circolo di Bottega e, da 5 mesi, capace di riportato il Caffè della Fortuna ai fasti passati organizzando eventi coinvolgenti, musica dal vivo all’aperto e servizi continui che vanno dalla colazione all’orario di chiusura. «Che ora è alle 18 - ricorda Mancini -, quando gli operai escono dal lavoro. Di fatto ora lavoriamo solo con le colazioni e nel weekend. Se ci tolgono anche questo non possiamo campare di promesse. Io non pago con le promesse, servono i soldi. L’errore sta nel Dpcm, nato male e interpretato peggio. La definizione di centro commerciale, senza specificare quelli in galleria, tipo Iper Rossini o IperCoop, ha colpito anche chi come noi ha negozi esterni. Al CentoVetrine ci sono 5-6 negozi, tutti esterni e con propri numeri civici, che tengono in vita questo comprensorio». La consigliera Regionale Micaela Vitri, sabato, ha sollevato il “caso Vallefoglia”, dove ci sono sei “centri commerciali”: 4, in base alle licenze, sono stati costretti alla chiusura. Gli altri due, del tutto simili, sono stati invece abilitati all’apertura.
Oggi ne parlerà con l’assessore competente Mirco Carloni.
«Ho 5 dipendenti, chi paga?»
«Ho fatto un grande sforzo economico per rilevare questo locale e riportarlo a guida italiana. Ero innamorato di questo posto. Abbiamo lottato tutta l’estate, sempre rispettando le norme anti covid, sfruttando i nostri spazi esterni. Ora ci tocca pagare anche la burocrazia. Ho parlato con Ucchielli, poi con il dirigente dell’Unione Emanuele Montanari. Non abbiamo trovato cavilli per poter lavorare nel weekend. Una doccia fredda: nessuno ci ripagherà più di quanto perso. E domani (oggi, ndr) siamo di nuovo dietro al bancone alle 5 di mattina, senza giorni liberi, per sopravvivere».
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Corriere Adriatico