Marche e lavoro, Livi (Fiam): «Frustrante: non c’è il diplomato vetraio»

Vittorio Livi
PESARO - Vittorio Livi, presidente della Fiam, l’azienda pesarese leader della curvatura del vetro che, per prima, cinquanta anni fa, mise a punto la tecnologia per creare...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

PESARO - Vittorio Livi, presidente della Fiam, l’azienda pesarese leader della curvatura del vetro che, per prima, cinquanta anni fa, mise a punto la tecnologia per creare oggetti di arredo in vetro, come risponde alle sue richieste il mercato del lavoro? 


«Non mi dà le giuste risposte e quando me le dà è frustrante. In prospettiva, avrei bisogno di otto, dieci operai specializzati. Ma è complicato trovarli perché il diplomato vetraio non esiste, non ci sono giovani formati per il nostro settore, il che non sarebbe un vero problema considerando che, come azienda, siamo disposti a investire su di loro». 

 
Allora qual è il punto? 
«È che non ci sono molti giovani disposti ad accettare l’idea che un lavoro così specializzato necessiti di sacrifici. Non è solo una questione di turni, ma di essere pronti a svolgere un mestiere che esige diverse e complesse attitudini. Ci vogliono cinque anni per acquisire quella lucidità mentale indispensabile per diventare un maestro curvatore sensibile, che fa della tecnologia uno strumento della propria abilità artigianale. Professionalità ben riconosciuta nel certificato che accompagna i nostri oggetti dove c’è la sigla di chi lo ha realizzato».


Ci sono soluzioni? 
«Dare importanza alle scuole professionali che non puntano solo al lavoro manuale, ma che formano anche all’organizzazione del reparto». 


Un’ambizione alta. 
«No, una necessità assoluta. Il tessuto economico dell’Italia è fatto di micro e medie aziende che si distinguono per il manufatto, per l’oggetto fatto a mano. Esportiamo il 70% delle nostre produzioni. La nostra è una cultura ricercatissima come lo testimoniano le collaborazioni che abbiamo con designer di fama mondiale. Un vantaggio che non possiamo perdere». 

Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico