Lavorare nel weekend per tagliare le bollette: mille kilowattora incidono la metà rispetto ai picchi dei giorni feriali. Le aziende fanno i conti

Baroni (Confindustria): «Si valuta tutto per limitare l’impatto degli aumenti abnormi»

Lavorare nel weekend per tagliare le bollette: mille kilowattora incidono la metà rispetto ai picchi dei giorni feriali. Le aziende fanno i conti
ANCONA - Il tam tam è partito dalle regioni locomotiva dell’economia italiana, Lombardia e Veneto, ed è arrivato nelle Marche, dove qualche imprenditore sta...

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ANCONA - Il tam tam è partito dalle regioni locomotiva dell’economia italiana, Lombardia e Veneto, ed è arrivato nelle Marche, dove qualche imprenditore sta facendo i conti su un’idea sulla carta estremamente semplice e di facile applicazione, una sorta di uovo di colombo: spostare parte della produzione nelle ore in cui l’energia costa meno, in particolare durante il week end. Significherebbe, insomma, adeguare i comportamenti a quelli di una famiglia, dove ad esempio si mette in funzione la lavatrice possibilmente durante le notti di sabato e domenica. Nella fine della settimana, infatti, il costo medio di ogni mille kilowattora è la metà rispetto ai picchi che si raggiungono ad esempio nelle giornate di martedì e mercoledì. 

 
Le verifiche
Il tema è delicato, perché accanto ai calcoli che vanno fatti per verificare che ci sia un effettivo vantaggio economico per l’azienda, ci sarebbe da aprire una trattativa con i sindacati per affrontare il tema della riorganizzazione delle giornate e degli orari di lavoro e magari anche quello di lavorare nel mese di agosto, spostando le ferie. Chi ha fatto i conti ha verificato che la convenienza è soprattutto per le aziende capital intensive, quelle dove le macchine costano più delle risorse umane. «Abbiamo verificato che per la nostra azienda – conferma un imprenditore della metalmeccanica che preferisce non esporsi – il differenziale fra picco e fuori picco sia di notte che nei festivi è conveniente, anche pagando, come è giusto che sia, lo straordinario ai lavoratori». Questo perché a far decollare il costo dell’energia elettrica dall’inizio di quest’anno c’è un nuovo onere: si chiama capacity market e vale un extra costo di 39 euro a megawatt/ora sulle 500 ore di picco. Spostare la produzione nelle ore e nei giorni fuori picco avrebbe meno senso ad esempio per un mobilificio, perché il lavoro straordinario si porterebbe via il risparmio ottenuto sulla bolletta, e nessun senso per chi già lavora su tre turni giornalieri. 


Le riorganizzazioni
«Stiamo facendo ogni valutazione possibile per limitare al massimo l’impatto sulle aziende degli aumenti abnormi dei costi dell’energia – spiega Andrea Baroni, direttore di Confindustria Pesaro Urbino -, compreso suggerire interventi gestionali all’interno di singole aziende perché rimodulino, dove è possibile, il proprio profilo di prelievo energetico in modo da pianificare i programmi di produzione con l’obiettivo di limitare gli assorbimenti dei carichi non fondamentali nelle ore di picco». La strada è percorribile, a patto che ci sia una efficace riorganizzazione aziendale, e si affianca a quella offerta dalla tecnologia e dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, con l’inserimento di sistemi informatici di analisi e gestione dei carichi flessibili o di sistemi di accumulo elettrochimico. Attenzione però: «Siamo di fronte a palliativi, specie per le aziende energivore, come lo è la sterilizzazione dei nuovi costi nati quest’anno e che il governo si accinge ad attivare. Il problema è strutturale e va affrontato a monte e con coraggio». 


L’equilibrio


A casa mercoledì e giovedì? Niente ferie ad agosto? Lo stimolo arriva dal Nord Italia, dove alcune Pmi energivore si stanno muovendo con i sindacati per fare accordi interni, approfittando anche degli ottimi rapporti con le rappresentanze dei lavoratori: l’obiettivo minimo al momento sembra quello di intensificare la produzione almeno nella giornata di sabato. «In singole aziende si possono discutere e definire con il sindacato specifici interventi e anche trovare punti di equilibrio tra i diritti dei lavoratori e gli interessi delle imprese per contenere i costi energetici – dice Daniela Barbaresi, leader di Cgil Marche - come sindacato siamo abituati ad affrontare i problemi, discuterli e cercare le soluzioni. Ma temo che spostare semplicemente orari e giorni di produzione può creare disagi per lavoratori e lavoratrici senza risolvere il problema energetico: siamo nel pieno di una crisi e l’impatto dell’aumento dei costi è devastante, sia per le imprese che per le famiglie». 

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Corriere Adriatico