«Così criminalità e mafie etniche si stanno prendendo le Marche»

L'inaugurazione dell'anno giudiziario delle Marche
ANCONA - Da una parte, i primi passi tangibili delle organizzazioni mafiose all’interno delle aziende. Dall’altra, la spartizione del territorio e di interessi...

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ANCONA - Da una parte, i primi passi tangibili delle organizzazioni mafiose all’interno delle aziende. Dall’altra, la spartizione del territorio e di interessi criminali dei gruppi etnici. È tra questi due fuochi che sono strette le Marche, diventate sempre più terra di conquista per la criminalità organizzata in cerca di facili e illeciti arricchimenti. A lanciare un campanello dall’allarme affinché sia tenuta alta la guardia verso determinati fenomeni è stato ieri mattina il procuratore generale Sergio Sottani nell’ambito della cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario tenutasi al tribunale di Ancona.


Qualcosa è cambiato
Sottani ha definito la nostra regione «una nuova frontiera per la criminalità organizzata che mira ad esercitare un’azione di controllo su un’area facilmente suscettibile di sfruttamento economico». Dalle indagini in corso portate avanti dalle procure del distretto sono emersi due elementi sintomatici dello stato di salute delle Marche e del rischio che il territorio può correre. 

I nuovi affari
In primis, è stato rilevato come i sodalizi criminali possano essere interessati «ad effettuare accaparramenti e turn-over di aziende ed esercizi in difficoltà, con l’obiettivo di rilevare le attività più redditizie ubicate lungo la costa o comunque subentrare nella loro gestione». L’inserimento subdolo della criminalità sarebbe garantito dall’arrivo sul territorio di “persone di fiducia”, ambasciatrici di sodalizi che possono essere collegati alla camorra o all’‘ndrangheta, calate nei panni di “mafie silenti” pronte a insediarsi. «Sebbene, ad oggi, non si ravvisi un vero e proprio radicamento mafioso – sottolinea il procuratore generale - sono stati in più occasioni individuati “soggetti in proiezione”, ovverosia soggetti che appartengono ad una organizzazione criminale, ma che operano illecitamente fuori dalla provincia in cui esercita il controllo l’organizzazione». 

Intelligence al lavoro
Di qui, la necessità degli apparati di intelligence di analizzare la natura delle aziende, la possibile presenza di prestanome e l’eventuale transito di capitali di illecita provenienza. Non è un caso che nel 2018 ci sia stato un aumento rispetto all’anno precedente del 200% dei fascicoli aperti per reati di stampo mafioso e del 27% per l’autoriciclaggio di denaro. I primi passi dei gruppi criminali, dunque, sembrano essere stati compiuti. Un pericolo maggiore viene dal rischio di infiltrazione mafiosa a seguito del sisma del 2016.

Sfruttamento

Secondo Sottani, l’investimento economico che ruota intorno alla ricostruzioni rappresenta una ghiotta occasione per la criminalità organizzata e, nel contempo, un potente catalizzatore in grado di attirare ingenti flussi di capitali illeciti in cerca di adeguati canali di reimpiego del flusso finanziario, di provenienza criminale». Ma non è tutto. L’attenzione delle forze dell’ordine deve essere massima per evitare anche il radicamento delle cosiddette “mafie etniche”, composte da quei gruppi stranieri che sono riusciti a ritagliarsi il proprio spazio nei vari settori della criminalità: dallo sfruttamento della prostituzione, al traffico di droga, passando per i reati contro il patrimonio (furti e rapine) e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico