Lui russo, lei ucraina: scappati da Kiev. Adesso sono ospiti a Treia insieme ai quattro figli

Denis e Oksana Mirgorod, scappati da Kiev e ospitati a Treia
TREIA - Hanno preso lo stretto necessario, pensando che la guerra sarebbe finita presto e che sarebbero potuti tornare a casa, sono saliti in macchina e sono partiti verso la...

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TREIA - Hanno preso lo stretto necessario, pensando che la guerra sarebbe finita presto e che sarebbero potuti tornare a casa, sono saliti in macchina e sono partiti verso la salvezza. Ma i bombardamenti che continuano a distruggere l’Ucraina hanno spinto la famiglia Mirgorod, di Kiev, ad andare più lontano e ad arrivare in Italia.

 

È la storia di papà Denis, mamma Oksana e dei loro quattro figli, Hanna, Daria, Oleksii e Ivan, giunti a Treia grazie ad una famiglia che ha messo loro a disposizione un alloggio. È la storia di chi, dall’oggi al domani, ha perso tutto quello che aveva e fa fatica a spiegarlo anche ai familiari più stretti. 


I due coniugi rappresentano una unione che, a livello geopolitico, è difficile da immaginare: quella tra Russia e Ucraina. Di San Pietroburgo lui, di Kiev lei. Due città contrapposte che oggi dividono anche le loro famiglie di origine. «I miei genitori credono a Putin e non a me - racconta il 49enne - . Stanno attraversando un periodo molto brutto perchè hanno paura di comunicare anche con noi. Purtroppo, la propaganda che viene fatta in Russia li spinge a credere a situazioni che non sono vere: pensano che in Ucraina ci sia il divieto di parlare il russo, ma non è così. Io non ho mai trovato ostilità nei miei confronti». I genitori della moglie, invece, sono rimasti a Kiev, ma si sono trasferiti in periferia per sfuggire ai bombardamenti. Il viaggio della famiglia Mirgorod verso l’Occidente è stato lungo ed è iniziato il 24 febbraio. «Inizialmente non potevamo credere che nel 2022 sarebbe scoppiata la guerra, ma per precauzione abbiamo preparato soldi e documenti in un borsello, e fatto il pieno all’auto. Eravamo pronti a fuggire in caso di un attacco e così è stato. La mattina del 24 febbraio, all’alba, appena abbiamo sentito la prima bomba siamo saliti in macchina e ci siamo diretti verso l’Ungheria. Pensavamo che la guerra sarebbe durata poco e che saremmo tornati a casa presto. Quando poi abbiamo saputo dei bombardamenti negli ospedali e nella azienda dove lavoravo (Denis Mirgorod si occupa di fertilizzanti, ndr) abbiamo capito che non saremmo più potuti tornare». È in quel momento che la famiglia ha pensato all’Italia. «La lingua ungherese è difficile e i nostri figli avrebbero faticato ad impararla, così tramite alcuni contatti di lavoro, abbiamo deciso di venire a Treia, dove una famiglia si è offerta di darci un alloggio». I figli dei Mirgorod hanno un’età compresa tra i 15 e i 3 anni ed hanno già conosciuto l’orrore della guerra. «Ancora non si rendono conto - confida il padre - che probabilmente non potranno più tornare a casa loro». I genitori, infatti, pensano già al futuro fuori dall’Ucraina. «Vorrei creare una occasione di lavoro nel Paese dove vivremo: potrebbe essere anche l’Italia che ci è sempre piaciuta. L’obiettivo è quello di aiutare i rifugiati che continueranno ad arrivare e che avranno bisogno di lavoro».

 

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Corriere Adriatico