Poltrona Frau e Giessegi provano a ripartire, da domani un restart in forma ridotta

L'interno di un'azienda della moda
MACERATA - Il settore dell’arredo e del design prova a muovere i primi passi. E domani, seppur in forma ridotta, le due aziende di riferimento del territorio, Poltrona Frau...

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MACERATA - Il settore dell’arredo e del design prova a muovere i primi passi. E domani, seppur in forma ridotta, le due aziende di riferimento del territorio, Poltrona Frau e Giessegi, torneranno in attività dopo quasi un mese di chiusura forzata a seguito della pandemia Covid-19. L’obiettivo delle due aziende è contenere, almeno parzialmente, i danni ma anche provare a sperimentare cosa accadrà quando la riapertura sarà completa e tutti i dipendenti torneranno al lavoro.

«Abbiamo condiviso con Confindustria e il prefetto di Macerata un percorso di ripresa graduale limitato all’esecuzione di commesse strategiche per ospedali e servizi essenziali» osserva l’amministratore delegato di Poltrona Frau Nicola Coropulis. Martedì scorso l’azienda di Tolentino aveva inviato una richiesta al Prefetto di Macerata per poter ritornare a produrre seppur in modo parziale. «Cominceremo con un numero limitato di una ventina di persone su un centinaio per i prossimi 7-10 giorni fino al completamento delle commesse» puntualizza il manager. 
Poltrona Frau si era già organizzata a fine febbraio con una serie di iniziative volte a proteggere le possibilità di contagio dei dipendenti, il telelavoro per gli impiegati, la sanificazione integrale dello stabilimento, gli accessi differenziati e aveva adeguato il reparto produttivo con la rigida separazione delle tre aree di lavoro e tra esse e gli uffici. Coropulis  precisa che la riapertura di domani ha «un carattere di eccezionalità e quindi il ricorso limitato e parziale alla forza lavoro, adottando tutte le disposizioni previste nel nostro protocollo di salute e sicurezza».

Ad Appignano prova a ripartire domani anche Giessegi. Torneranno al lavoro circa 30 dipendenti su 500 «e per 3-4 giorni al fine di completare alcune spedizioni destinate all’estero», sottolinea il Ceo Gabriele Miccini che prosegue: «Di più non possiamo fare perché se i negozi che vendono arredamento e i centri commerciali sono chiusi è inutile produrre: per chi?». Nel frattempo sono state ulteriormente rafforzate le misure per garantire la salute dei dipendenti: non solo un termoscanner ma tre ingfressi per non creare code e 400 testi sierologici.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico