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«Te piace ‘o presepio?» è la domanda che Luca Cupiello pone più volte al figlio Tommasino, prima di ricevere il tanto sospirato si. In quest’opera ideata nel 1931, Eduardo De Filippo, senza indugiare sull’aspetto religioso della festa del Natale, invita a riflettere sul tema, ancora estremamente attuale, dei cambiamenti, delle incomprensioni che coinvolgono la famiglia. Nello spazio di questa pagina vi propongo invece una riflessione sull’aspetto trascurato dall’autore e sul perché fare un presepio quest’anno. Attraverseremo anche il prossimo Natale con incertezza, apprensione e paura per il Covid non ancora sconfitto. Olanda in lockdown, Regno Unito in crisi con quasi centomila contagianti in un giorno, le Marche in zona gialla. Siamo vaccinati ma tanti ancora non lo sono, soprattutto nei paesi più poveri dove le varianti proliferano e di fatto riducono l’efficacia dei vaccini. Il virus si debellerà solo se riusciremo a vaccinare queste popolazioni, incrementando e condividendo le capacità produttive e derogando dalle norme sulla proprietà intellettuale dei vaccini. Difficile, ma unica strada possibile. Se non troviamo il coraggio per attuarla vivremo un altro anno con il periodico rincorrersi delle azioni di quest’anno: tutti liberi in estate e poi tutti in lockdown all’arrivo dell’inverno. La pandemia può sconfiggersi solo proteggendo tutti, come abbiamo fatto per il vaiolo e la poliomielite, senza lasciare indietro nessuno. Nella pandemia si trascurano i più deboli, i più indifesi, i più fragili, così le differenze economiche e sociali aumentano. L’abbiamo verificato nella didattica a distanza e nelle tante crisi aziendali con perdita di lavoro e quindi di reddito per molte famiglie. Un presepio ci può aiutare a comprendere: Gesù nasce tra i più poveri e disprezzati nella società di quel tempo, i pastori, non nella comodità di una casa, ma in una grotta buia e fredda, vicino ai più deboli, ai più indifesi, ai più fragili. Nel costruire un presepio con i più piccoli, il messaggio che dobbiamo trasmettere loro è il rispetto degli altri, l’aiuto ai più deboli e agli indifesi, la comprensione delle differenze, delle culture diverse, dei valori del sapere e del conoscere che i Re Magi raffigurano con il loro lungo peregrinare dall’Oriente. Facciamolo nei giorni che precedono il Natale, per leggere il messaggio di pace che il presepio trasmette. Non fate l’errore di interpretare la costruzione di un presepio in un’ottica di genere solo perché vi è da collegare un motorino elettrico per sollevare l’acqua del ruscello, o l’elettronica delle luci per il giorno e la notte; deve essere realizzato sia dalle bambine che dai bambini. Aiutateli ma fatelo costruire a loro, fate scegliere loro la forma delle montagne e la geometria dei sentieri e soprattutto i personaggi da posizionare, dal pastore alla pescivendola, e gli animali che li accompagnano, dalle pecore alle galline. Il Presepio deve essere loro, devono interpretare e comprendere lo spirito e il messaggio che il Natale esprime.
*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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Corriere Adriatico