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La scorsa settimana ho partecipato ad un interessante incontro con un gruppo di studenti iscritti ai corsi di laurea triennale e magistrale in scienze filosofiche dell’Università degli Studi di Macerata nell’ambito di un ciclo di incontri dal titolo: Futurità. Il tema dell’incontro era l’imprenditorialità. Un tema che a prima vista sembra lontano dalle prospettive occupazionali dei laureati in filosofia. In realtà così non è se si pensa che l’attività imprenditoriale, in particolare quella innovativa, è sempre più svolta in team e i team di maggiore successo sono quelli interdisciplinari, capaci di integrare un ampio ventaglio di competenze, non solo di carattere tecnico o manageriale. Come hanno evidenziato gli stessi studenti, il corso di laurea in scienze filosofiche fornisce solide capacità di pensiero critico e di interpretazione della realtà; capacità che sono fondamentali in un contesto ambientale caratterizzato da elevata complessità e incertezza. Un laureato in filosofia potrebbe quindi ben orientarsi in un’attività di tipo imprenditoriale. Siamo soliti associare l’imprenditorialità all’avvio di una nuova impresa e l’imprenditore al proprietario-manager di un’impresa. Questa è anche la definizione di imprenditore che troviamo nel Codice Civile. Questa accezione di imprenditore come proprietario-manager di un’impresa trova ampio riscontro nella realtà italiana e regionale nella quale prevalgono imprese di piccola dimensione; imprese possedute e gestite da una persona che assomma su di sé le funzioni del rischio del capitale, del controllo sulle decisioni strategiche e dell’operatività del giorno per giorno. In realtà la funzione imprenditoriale è più propriamente associata al controllo sulle decisioni strategiche. Il capitale può essere in tutto o in parte raccolto sul mercato da investitori il cui ruolo è distinto da quello dell’imprenditore. Allo stesso modo, la gestione operativa può essere delegata a manager. Oltre che fornire una più chiara definizione della funzione imprenditoriale la teoria economica tende a collegare l’imprenditorialità con l’innovazione. E’ stato l’economista Schumpeter già un secolo fa ad associare l’imprenditorialità all’introduzione di innovazioni e al conseguente processo di ‘distruzione creatrice’ che è alla base della continua trasformazione dei nostri sistemi economici e sociali. Vista in questa prospettiva l’attività imprenditoriale assume un’accezione molto più ampia della creazione e gestione di imprese. L’imprenditorialità consiste nell’introduzione di innovazioni che riguardano i prodotti, i processi o l’organizzazione delle attività produttive, in imprese come nelle organizzazioni pubbliche; e si estende anche all’innovazione negli assetti istituzionali e all’innovazione sociale, cioè ai comportamenti individuali e collettivi. Tutte queste forme di innovazione hanno assunto rilevanza crescente in relazione alle sfide economiche, sociali e ambientali del nostro tempo.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni
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