C’è da battere l’indifferenza per una pace da conquistare

C’è da battere l’indifferenza per una pace da conquistare
«Nemica della pace non è solo la guerra, ma anche l’indifferenza», ripete spesso il Pontefice della misericordia. Nonostante gli intralci di salute, Papa...

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«Nemica della pace non è solo la guerra, ma anche l’indifferenza», ripete spesso il Pontefice della misericordia. Nonostante gli intralci di salute, Papa Francesco non si ferma ma continua a donarsi. Un esempio da cogliere in un’epoca talvolta apatica o confusa. Dal 13 al 15 settembre si recherà in Kazakistan per partecipare al settimo Congresso dei leader religiosi mondiali che ha per motto “Messaggeri di pace e di unità”. In una terra che vede solo l’1% di cattolici e si trova a sud della Russia e al confine con la Cina, l’intento è quello di promuovere la convivenza pacifica e fraterna tra popoli e religioni differenti.

Il successore di Pietro lo ha ricordato anche nell’ultima udienza generale: «Di fronte a tutti gli scenari di guerra del nostro tempo, chiedo a ciascuno di essere costruttore di pace e di pregare perché nel mondo si diffondano pensieri e progetti di concordia e di riconciliazione». Ciò comporta una vera e propria lotta, un combattimento spirituale che ha luogo nel cuore umano. La pace che Dio desidera seminare nel mondo deve essere coltivata dagli uomini. Non solo, la pace deve essere anche conquistata. E invece l’indifferenza fa pensare solo a sé stessi e crea barriere, sospetti, paure e chiusure. Abbiamo tante informazioni, ma a volte siamo così sommersi di notizie che veniamo distratti dalla realtà, dal fratello e dalla sorella che hanno bisogno. È necessario aprire il cuore risvegliando l’attenzione al prossimo, unica via per la conquista della pace. La minaccia individuale e collettiva sta nell’atteggiamento di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui. Francesco la chiama «globalizzazione dell’indifferenza». E non si arrende a essa, promuovendo instancabilmente una cultura di solidarietà e misericordia. Il suo pensiero va principalmente ai fragili, ai poveri, alle famiglie, chiamate a una missione educativa primaria ed imprescindibile. Secondo il Papa l’aspetto formativo dovrebbe tener conto di tutte le componenti della persona, del rapporto tra le generazioni, tra le famiglie e la società.

«Un’alleanza – ha scritto nel messaggio per Giornata internazionale dell’alfabetizzazione – tra gli abitanti della Terra e la “casa comune” che dobbiamo salvaguardare e rispettare. Un’alleanza che genera pace, giustizia e accettazione tra tutti i popoli della famiglia umana, nonché dialogo tra le religioni». Le famiglie costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. In un mondo assuefatto al dominio dell’apparenza, Francesco richiama a comportamenti sobri, a saper vivere l’essenziale praticando con convinzione la carità. E dinanzi alla terza guerra mondiale combattuta a pezzi, la violazione del diritto internazionale, i rischi di escalation nucleare, le pesanti conseguenze economiche e sociali, è giusto rispondere con la medicina della riconciliazione. Non c’è spazio per la paura, il timore di perdere qualcosa che domina nel cuore di chi non riesce a voler veramente bene. E invece, come insegna l’apostolo Paolo, va riscoperto l’impegno a rinnegare l’empietà e la ricchezza del mondo, per vivere con sobrietà, giustizia e pietà. Tutto il pontificato di Francesco è un accorato richiamo a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale. In un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e attualizzare la volontà di Dio. Perciò, dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, lo stile di vita deve essere colmo di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera. Una testimonianza profetica, fatta di misericordia e di tenerezza perché, ha ricordato il Papa nel suo recente viaggio a L’Aquila, «Dio è innamorato degli esseri umani. Si fa piccolo per aiutarli a rispondere al suo amore».

 

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Corriere Adriatico