ROMA - Tra le primissime misure adottate nel decreto terremoto c'è anche la cosiddetta 'busta paga pesante', ovvero una maggiorazione media di circa il 40%...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Nell’articolo 48, comma 1 bis del decreto-legge del 17 ottobre 2016, poi aggiornato e ratificato il 15 dicembre, compare un'anomalia che rischia di fare distinzioni assolutamente immotivate: «I sostituti d’imposta, ovunque fiscalmente domiciliati nei Comuni di cui agli allegati 1 e 2, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte a decorrere dal 1˚gennaio 2017 e fino al 30 settembre 2017». Un bel problema, dal momento che pur essendo residenti nel cratere sismico, molti terremotati sono pendolari e dipendono per enti e aziende fiscalmente domiciliati in altre zone. Per fare un esempio: chi lavora per un'azienda di Milano o un ente locale la cui sede non è compresa nelle zone terremotate, rischia di non avere il diritto all'assistenza post-sisma. Lo stesso può capitare con i pensionati, dal momento che la sede dell'Inps è a Roma.
Un vero e proprio orrore legislativo: ad avere diritto all'assistenza dovrebbero essere i terremotati, non le aziende o enti da cui percepiscono un reddito. Diversi giuristi, come riporta Rassegna.it, hanno sollevato parecchi dubbi di costituzionalità sul decreto. A tal proposito l'ex sindaco di Fabriano, Roberto Sorci, che ha vissuto in prima persona l'emergenza del 1997, si è rivolto direttamente al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Qualche manina incosciente ha tradito lo spirito di solidarietà del decreto, eppure basterebbero pochi minuti di lavoro in Parlamento: si ammette l’errore, si prende atto dell’equivoco generato e si modifica la norma, stavolta scrivendola in modo corretto, cioè inserendo come discriminante la residenza del soggetto fisico e non dell’ente o azienda per cui lavora. O forse è chiedere troppo?». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico