Il mistero di Riccardo Faggin, morto a 26 anni in un incidente dopo la bugia sulla laurea

I genitori di Riccardo sono distrutti dal dolore della perdita del figlio

Il mistero di Riccardo Faggin, morto a 26 anni in un incidente dopo la bugia sulla laurea
«Non ho capito i segnali, gli avrei dovuto insegnare ad essere più forte e a fargli capire che per lui mamma​ e papà ci sarebbero sempre stati». Sono...

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«Non ho capito i segnali, gli avrei dovuto insegnare ad essere più forte e a fargli capire che per lui mamma​ e papà ci sarebbero sempre stati». Sono queste le parole strazianti di Stefano Faggin, rilasciate al Corriere della Sera. Il papà di Riccardo Faggin  racconta che nella notte del 29 novembre si è schiantato contro un platano ad Abano Terme, in provincia di Padova

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La vicenda

Riccardo stava tornando a casa con la sua auto dopo la mezzanotte del 29 novembre, quando, lo schianto violento contro un platano, lo ha sottratto alla vita. La famiglia del 26enne di Abano Terme, lo stava aspettando a casa dove era in procinto di preparare la festa di laurea del figlio. Poi la tragica notizia. Quando i soccorsi sono arrivati sul posto, hanno potuto constatare solo la morte del ragazzo. 

 

Il mistero della laurea

La Procura di Padova sta indagando sull'accaduto e ciò che gli inquirenti stanno cercando di chiarire è l'esatta dinamica dell'incidente. Si esclude un malore o un colpo di sonno. Ciò che invece ha attirato l'attenzione della polizia è la situazione universitaria di Riccardo.

Il 26enne frequentava la facoltà di infermieristica e aveva annunciato ai genitori la data della laurea. L'università però, non ha mai ricevuto e registrato nessuna tesi. Per questo motivo gli inquirenti si chiedono se non si sia trattato di un gesto volontario. 

 

Stefano Faggin, papà di Riccardo, è distrutto dal dolore. L'uomo ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere della Sera, dove molto scosso, spiega: «La responsabilità me la sento addosso. Mi rimprovero di non aver saputo leggere i segnali, di non avergli insegnato a essere più forte, almeno ad avere quella forza che serve per chiedere aiuto. Provo vergogna come genitore. Riccardo si è sentito in trappola e io, in questi 26 anni, non sono riuscito a trasmettergli la consapevolezza che, in realtà, non era solo, che mamma e papà potevano comprenderlo e sostenerlo nell'affrontare le difficoltà che la vita gli avrebbe messo davanti, fallimenti compresi».

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Corriere Adriatico