I giudici: «Schettino ritardò ordine e lasciò la nave con gente a bordo»

I giudici: «Schettino ritardò ordine e lasciò la nave con gente a bordo»
FIRENZE - Quando «saltò su una lancia» «Schettino era consapevole che diverse persone si trovavano sul lato sinistro della nave o, comunque, quanto meno...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
FIRENZE - Quando «saltò su una lancia» «Schettino era consapevole che diverse persone si trovavano sul lato sinistro della nave o, comunque, quanto meno aveva seri dubbi in tal senso e decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo dalla Concordia»: così nelle motivazioni dei giudici di appello di Firenze che hanno condannato il comandante della Concordia a 16 anni e un mese il 31 maggio scorso.


«Non è in alcun modo attendibile quanto riferito dall'imputato Schettino durante l'esame dibattimentale in merito al fatto che, nel momento in cui saltava sul tetto di una lancia, egli non si era reso conto che vi erano persone ancora a bordo»; al contrario, affermano i giudici di secondo grado, in quel «preciso momento, Schettino era consapevole che diverse persone si trovavano ancora sul lato sinistro della nave o che, comunque, quantomeno aveva seri dubbi in tal senso e decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo dalla Concordia».

«Per di più - si legge ancora - l'imputato scendeva saltando dal tetto della lancia prima di alcuni altri ufficiali nonché del K2 Bosio che raggiungeva la scogliera a nuoto». Schettino, dicono ancora i giudici del collegio della prima sezione penale, «dopo aver mentito al sottocapo Tosi (uno dei soccorritori, ndr) continuava a raccontare il falso anche a De Falco», mentre «era già in salvo da diversi minuti».

«Schettino era a conoscenza che con lo sbandamento della nave oltre un certo grado, le scialuppe non potevano più essere calate a mare», «è pertanto evidente che solo la tempestività della dichiarazione di emergenza generale e quindi dell'ordine di abbandonare la nave avrebbe consentito a tutti i passeggeri di essere imbarcati sui mezzi di salvataggio»: così i giudici di secondo grado, nelle loro motivazioni, hanno criticato il ritardo di Schettino nel dare l'ordine di emergenza generale e di abbandono della Concordia nel naufragio del Giglio il 13 gennaio 2012.

I giudici hanno argomentato contro l'impugnazione della difesa. «L'attesa dell'incaglio» della nave che scarrocciava sugli scogli accanto al porto del Giglio, «il prendere tempo e ogni altra tergiversazione dell'imputato sono state assolutamente nefaste, frutto della mera illusione di poter salvare la Costa Concordia».


Inoltre «il comandante non dava personalmente l'ordine di abbandono della nave e tantomeno tramite altoparlante, come previsto dalla procedura»; «l'ordine veniva dato in realtà dal comandante in seconda Bosio» e «non era effettuato per altoparlante ma per radio per cui poteva essere ascoltato solo da chi era in possesso di una radio» di bordo.
Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico