La sfortuna non c'entra con il cancro: ammalarsi di tumore non significa aver perso una partita a dadi col destino. Perché, diversamente da quanto ipotizzato...
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A dimostrarlo è lo studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics dai ricercatori dell'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e dell'Università Statale di Milano in collaborazione con l'Università Federico II di Napoli. I risultati, ottenuti anche grazie al finanziamento del Consiglio europeo per la ricerca (Erc), rimettono così al centro il ruolo della prevenzione del cancro, segnando un punto fermo nell'annoso dibattito scientifico sul ruolo della sfortuna acceso nel 2016 dagli autorevoli studi di Bert Vogelstein della Johns Hopkins Medical School: pubblicati su Science, indicavano come due mutazioni su tre nei tumori fossero dovute a errori casuali e quindi inevitabili.
I tumori, però, non sono scatenati solo da mutazioni, cioè piccoli cambiamenti della struttura dei geni: possono infatti nascere anche da altre alterazioni più consistenti, le cosiddette traslocazioni cromosomiche, dovute alla rottura della doppia elica del Dna che porta allo scambio di porzioni tra cromosomi e, a volte, perfino alla fusione di due geni 'rotti'. «Studiando le cellule normali e tumorali del seno - racconta Gaetano Ivan Dellino, ricercatore dello Ieo e dell'Università di Milano - abbiamo scoperto che né il danno al Dna né le traslocazioni avvengono casualmente: possiamo prevedere quali geni si romperanno con una precisione superiore all'85%. Tuttavia solo una piccola parte di essi darà poi origine a traslocazioni. La questione centrale, che cambia la prospettiva della casualità del cancro, è che l'attività di quei geni è controllata da segnali specifici che provengono dall'ambiente nel quale si trovano le nostre cellule, e che a sua volta è influenzato dall'ambiente in cui viviamo e dai nostri comportamenti».
«Non esiste base scientifica che ci autorizzi a sperare nella fortuna per evitare di ammalarci di tumore.
Corriere Adriatico