Dal Ghana fino alla Biennale di Venezia, due professionisti marchigiani hanno realizzato una scuola nel paese africano

La Biennale di Venezia dell'Architettura
La Biennale di Venezia dell'Architettura
di Lucilla Niccolini
3 Minuti di Lettura
Sabato 29 Maggio 2021, 07:45

ANCONA - Alla Biennale di Architettura di Venezia, quest’anno, la voce della nostra regione si leva forte e chiara. Due ingegneri/architetti formati alla Politecnica delle Marche sono stati selezionati per il loro progetto InsideOut, nella sezione Sud Globale del Padiglione Italia, curata da Paola Ruotolo.

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Un giovane fabrianese, Andrea Tabocchini, e la sua compagna, Francesca Vittorini, colpiscono il visitatore con l’installazione che illustra la loro realizzazione di una scuola in Ghana. «L’idea risale a qualche anno fa – racconta Andrea Tabocchini - quando eravamo ancora studenti ad Ancona. Partecipammo a un concorso lanciato dalla Nka Foundation, per tre edifici scolastici in Africa. Il nostro progetto fu uno dei tre scelti, finanziato con 12mila euro».
Un edificio a costo bassissimo, per la realizzazione del quale la coppia lanciò una call su Fb, cui risposero 35 volontari da 20 paesi del mondo. «Ci siamo trasferiti in Ghana e in tre mesi abbiamo portato a compimento l’opera. Il nostro knowhow e le nostre energie sono stati integrati dalle tecniche costruttive e dalle tradizioni locali, mutuate dalla popolazione. E ora i volti di quelle persone del Ghana, con quelli dei volontari che hanno lavorato con noi, sono dipinti dallo street artist Ozmo su un’intera parete del Padiglione Italia, accanto ai disegni e alle foto del progetto: un’installazione che, oltre a raccontare l’idea, ne narra la realizzazione, in maniera molto informale, insolita per la Biennale, ma d’effetto».


I materiali del luogo
Terra cruda compressa, tronchi per reggere la copertura, listelli di legno per le porte. «Materiali del luogo, facilmente reperibili e insieme caratterizzanti il contesto, per una struttura articolata in spazi coperti e ventilati, alternati a spazi aperti, che presto verranno circondati dalla vegetazione. Per il disegno, Francesca e io ci siamo ispirati alle linee ortogonali dei tessuti kente: richiamano la cultura artigianale locale, molto forte, e si integrano nel contesto».

Il loro, è un intervento architettonico che ha meritato l’invito alla Biennale perché, senza violare o alterare l’ambiente in cui è stato realizzato, si integra perfettamente in esso, reinterpretandolo. «In più, nel portare a compimento la costruzione, abbiamo imparato moltissimo dagli abitanti del luogo: abbiamo portato a casa un prezioso bagaglio di conoscenze, che la comunità di lì ci ha trasmesso».

Il progetto, prima di essere selezionato per questa edizione della Biennale veneziana, ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali. Il segreto? «Essere riusciti a trasformare materiali e tecniche ordinarie in qualcosa di straordinario per quei luoghi: una scuola vivibile, accogliente, funzionale».

I due ingegneri-architetti Andrea e Francesca, dopo la laurea, hanno fatto belle esperienze in alcuni dei più blasonati studi di architettura in Spagna, Giappone e Olanda. Dall’inizio di quest’anno hanno deciso di stabilirsi ad Ancona, dove hanno aperto uno studio. Come mai questa scelta? «Ce l’hanno chiesto in molti, meravigliandosi. Avevamo sempre accarezzato il sogno di tornare in Italia, per applicare nella nostra terra le conoscenze acquisite in giro per il mondo».

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