Volumetrie consumate per fare cassa con i rifiuti speciali: la chiusura di Ca' Asprete 16 anni prima del previsto. Studio per ampliare Monteschiantello

Volumetrie consumate per fare cassa con i rifiuti speciali: la chiusura di Ca' Asprete 16 anni prima. Studio per ampliare Monteschiantello
Volumetrie consumate per fare cassa con i rifiuti speciali: la chiusura di Ca' Asprete 16 anni prima. Studio per ampliare Monteschiantello
di Lorenzo Furlani
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Martedì 18 Luglio 2023, 03:15 - Ultimo aggiornamento: 11:31

PESARO - Da una condizione di autosufficienza che sarebbe arrivata oltre il 2040 a una situazione potenziale di emergenza che si presenterà fra poco più di 3 anni: è questo l’effetto paradossale della programmazione del ciclo integrato dei rifiuti attuata dall’Assemblea territoriale d’ambito (Ata) di Pesaro Urbino negli ultimi 6 anni.

utto documentato negli atti prodotti dagli uffici dell’Ata a partire dal documento preliminare al piano d’ambito del 2017 fino al medesimo piano dei rifiuti revisionato dopo la bocciatura della Regione, nel gennaio scorso, perché non conforme alla pianificazione regionale, in particolare per il massivo conferimento nelle tre discariche provinciali per rifiuti urbani degli scarti produttivi (rifiuti speciali non pericolosi) anche da fuori regione.  

La chiusura accelerata

Una programmazione fortemente condizionata dagli interessi economici dei gestori, in particolare dell’azienda Marche Multiservizi a favore della quale nel marzo 2017 l’Ata deliberò l’accelerazione delle tempistiche di chiusura delle discariche di Ca’ Asprete di Tavullia e Ca’ Lucio Urbino (quest’ultima già esaurita, come pianificato, nel 2022) «integrando i flussi dei rifiuti urbani con rifiuti speciali non pericolosi senza limiti di ambito, i cui proventi finanziari generati - è scritto nella delibera - possono mitigare l’impatto tariffario dell’investimento del Tmb per i primi due anni».

In realtà l’impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati previsto nella discarica di Tavullia, che avrebbe richiesto un investimento di Marche Multiservizi di 12 milioni di euro, non è mai stato realizzato (il piano ne rimanda la valutazione nel 2025). Ma i rifiuti speciali sono stati smaltiti in grandi quantità a Urbino e Tavullia con un notevole incremento degli introiti per il gestore, che doveva fare i conti per il bilancio e gli utili con il calo dei conferimenti in seguito all’aumento della raccolta differenziata.

I limiti non rispettati

Tutto ciò si è svolto nel solco delle autorizzazioni della Provincia ma in deroga ai limiti del piano regionale, ovvero la provenienza dalle Marche dei rifiuti speciali e fino al massimo del 50% dei rifiuti urbani.

In base ai dati del piano, computando insieme agli scarti urbani i residui delle lavorazioni delle frazioni differenziate, come ammesso dalla Regione, dal 2015 al 2021 i rifiuti speciali sono stati conferiti nella misura del 76% degli urbani a Ca’ Lucio (nel 2021 il 74% è arrivato da fuori regione, come ha rilevato l’assessore regionale Aguzzi) e del 110% a Ca’ Asprete (nel 2021 il 59% da fuori regione).

Questi conferimenti si sono intensificati negli ultimi anni allorché è ripresa l’elaborazione del piano d’ambito, dopo una lunga stasi che ha consentito di procedere senza alcun disturbo con questa gestione, contestata dalla Regione come non conforme sin dal 2017. Per gli anni dal 2024 al 2026 ora sono stimati smaltimenti di rifiuti speciali a norma del piano regionale. Però, secondo il carattere strategico dei siti valorizzato dalla Regione, gli scarti urbani sono integrati da quelli provenienti da altre province marchigiane (in particolare per l’emergenza di Macerata) cosicché la discarica di Tavullia si saturerà lo stesso nel 2027 come già previsto 10 anni prima. 

L’opposizione di San Costanzo

L’Ata sottolinea la disponibilità di «volumetrie sufficienti a garantire la copertura del fabbisogno per la durata del piano (anno 2026)». In realtà per gli abbancamenti quantificati nel piano d’ambito, che i sindaci saranno chiamati ad approvare probabilmente all’inizio di agosto, l’emergenza sarebbe conclamata già nel gennaio 2027 per l’esaurimento della discarica di Fano e, dopo 5 mesi, di quella di Tavullia. La soluzione non è indicata nel piano ma delle tre discariche l’unica su cui è stato svolto uno studio di fattibilità per l’ampliamento (su 43 ettari) è quella fanese di Monteschiantello.

L’urgenza di correre ai ripari potrebbe rivelarsi funzionale a superare la ferma opposizione di San Costanzo, che da anni si batte contro questo impianto prossimo al proprio abitato.

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