Sforamenti delle aziende ospedaliere, pagheranno i fornitori: «Noi, dannati del payback. Con le Marche zavorra da 65 milioni»

Nonostante lo sconto del Governo molte imprese marchigiane sono ancora a rischio salasso. La protesta con un camion "vela"

Sforamenti delle aziende ospedaliere, pagheranno i fornitori: «Noi, dannati del payback. Con le Marche zavorra da 65 milioni».
Sforamenti delle aziende ospedaliere, pagheranno i fornitori: «Noi, dannati del payback. Con le Marche zavorra da 65 milioni».
di Antonio Pio Guerra
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Giovedì 15 Giugno 2023, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 17:13

ANCONA «Così finiamo tutti in mezzo aduna strada». Imprese in allarme per il cosiddetto “payback dispositivi medici”, sistema di compartecipazione delle imprese fornitrici allo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria, per cui ora le Regioni chiedono ai propri fornitori di contribuire a sanare il superamento del tetto di spesa sanitario nel quadriennio 2015-2018. Entro il 30 giugno, infatti, le aziende medicali di tutta Italia dovranno versare ognuna la propria quota. Ad accusare un debito con la Regione Marche sono 1.509 imprese, per un totale complessivo di 65,5 milioni di euro. «Ci troviamo veramente in difficoltà» denuncia Cristiana Cori, presidente di Aform, l’Associazione fornitori ospedalieri della Regione Marche. «È stato un fulmine a ciel sereno che ci rovina. Così chiudo» le fa eco Nando De Iase, CMM Srl.

 


L’erosione del fatturato


La sua azienda ha un debito con Palazzo Raffaello di 280mila euro «che come per molte altre realtà equivale a una parte consistente del fatturato». E come lui, tanti altri. «Il 99% delle nostre imprese non riuscirà a pagare» racconta la presidente di Aform, che raccoglie 22 aziende e l’85% del tesoretto debitorio delle Marche. Di certo, il problema non riguarda tutti nella medesima misura. Ci sono aziende che debbono cifre a sei zeri ed altre che dovranno pagare meno di un caffè. E dire che qualche passo in avanti è già stato fatto, a partire dalla deadline. La precedente era fissata per il 30 aprile, poi prorogata a fine giugno. Anche le cifre sono state riviste: il Governo ha proposto alle imprese di pagare “appena” il 48% del dovuto (il totale marchigiano era 136 milioni).

Ma ad una condizione: che ritirino ogni azione giudiziaria già intrapresa e che si astengano dal presentarne altre. 


I ricorsi al Tar


Sì, perché contro questa norma, che gli imprenditori definiscono «incostituzionale», sono già stati mossi migliaia di ricorsi al Tar. Alcuni, addirittura, puntano alla Corte Costituzionale per cassare la norma. «Non è possibile che siano i privati ad essere responsabili di un bilancio pubblico che viene disatteso» lamenta Massimiliano Polacco, direttore Confcommercio Marche Centrali. Proprio Polacco, in compagnia di Cori ed altri imprenditori, ha incontrato ieri i vertici della sanità marchigiana. La partita, però, non si gioca solo sul piano regionale. I tavoli “che contano” sono infatti quelli del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Conferenza delle Regioni: soltanto da questi può arrivare una soluzione definitiva. I tempi sono stretti, lo dicevamo, ma un’ulteriore proroga sembra essere nell’aria. Anche perché, le conseguenze sarebbero altrimenti disastrose. Pagare significa per molti chiudere. E chiudere un’impresa vuol dire perdere posti di lavoro. 


Famiglie monoreddito


«Molte sono aziende familiari o che occupano lavoratori monoreddito» dice Cori. A sopravvivere potrebbero essere soltanto le grandi multinazionali, le uniche che sembrano intenzionate a scendere a patti con l’Esecutivo. «Dobbiamo mantenere il ruolo delle nostre Pmi nel settore sanitario» spinge Polacco. Anche perché, non farlo vorrebbe dire ridurre l’offerta, con due conseguenze: o rialzo dei prezzi, o necessaria riduzione dei ritmi ospedalieri per mancanza di materiale. Insomma, ci perderebbero tutti. «Ci deve essere una collaborazione» è il monito lanciato da Cori. «Alla fine, noi non è che ci curiamo fuori o negli ospedali privati. La questione ci riguarda tanto come imprenditori quanto come cittadini» conclude. E intanto, il tempo scorre.
 

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