L'industriale Francesco Casoli (Elica): «Serve un nuovo Rinascimento. No cultura del metalmezzadro»

L'industriale Francesco Casoli (Elica): «Serve un nuovo Rinascimento. No cultura del metalmezzadro»
L'industriale Francesco Casoli (Elica): «Serve un nuovo Rinascimento. No cultura del metalmezzadro»
di Véronique Angeletti
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Venerdì 1 Dicembre 2023, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 07:24

Francesco Casoli, presidente del Gruppo Elica, player sul mercato internazionale di cappe da cucina e motori per caldaie per riscaldamento centralizzato: come interpreta i dati sul valore aggiunto provinciale del 2022?
«È un report che va letto con attenzione, in particolare per quello che è successo a Matera, già Capitale della Cultura, una delle province del Sud cresciuta quasi quanto le province del Nord».

 
Per il parallelo con Pesaro Capitale della Cultura 2024?
«Per il fatto che l’aumento di tanti indici, come la produttività, sia il frutto di un insieme di cose intangibili, come appunto la cultura, servizi, il turismo che si rivelano trainanti, prima dell’industria».
Tradotto?
«È la prova che dobbiamo smettere di pensare che l’industria da sola riesca a far crescere il sistema territoriale, ma ragionare sul fatto che nella competizione, sempre più difficile, abbiamo bisogno di persone migliori».
Può spiegare meglio?
«L’industria ha sempre di più bisogno di creatività, che è il fattore di successo.

E questo si raggiunge se un sistema territoriale riesce a mettere a sistema un insieme di cose soprattutto partendo da quelle meno tangibili: cultura, turismo, formazione. Così è diventato grande il Nord Italia, che non è solo industria ma anche scuola: non a caso le università più prestigiose sono lì. Ed è stata, per tanti anni, la capitale della cultura contemporanea, di tanti movimenti artistici e non solo. Questo insieme ha generato tanta energia. E voglio ricordare che l’energia è sempre differenza di potenziale».

Cioè?
«La differenza tra uno che spinge da una parte e qualcun altro dall’altra. Che non significa contro, ma in un’altra direzione e si allargano di più le possibilità che fanno ricco un territorio e consentono di aumentare la produttività».
Il principio applicato alle Marche?
«Abbiamo bisogno di un Rinascimento, di ritornare a crederci e a spingere affinché i nostri ragazzi che magari vanno a studiare altrove abbiano voglia di ritornare qui perché si vive bene».
Quali sono le forze che lo contrastano?
«Problemi conosciuti come le infrastrutture. Fa parte di un problema culturale. Non è mai partito quel virtuosismo nelle infrastrutture che genera cultura e la cultura crea nuove dinamiche che portano a rendere più produttivo il territorio».
Altri ostacoli?
«Abbandoniamo quel concetto culturale del metalmezzadro, il modello marchigiano. Smettiamo di guardare indietro ma lanciamo lo sguardo verso l’orizzonte. Oggi le aziende devono essere forti, grandi, innovative per rendere più competitivo il territorio». 
Vale anche per le amministrazioni?
«Sì ma smettiamo di sostenere sempre che è colpa chi si occupa della cosa pubblica. La colpa è di noi imprenditori. Non è più il tempo di un’economia sussidiata da aiuti dello Stato. Ormai dobbiamo capire che il futuro funziona se camminiamo con le gambe nostre».
 

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