Marche, scatta il fermo pesca
Lo stop fino al 27 settembre

Marche, scatta il fermo pesca Lo stop fino al 27 settembre
di Emidio Lattanzi
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Domenica 16 Agosto 2015, 11:28 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 19:08
ANCONA - La novità è che, almeno quest'anno, le barche hanno potuto portare pesce anche ai turisti agostani. Per il resto non è che cambi molto. Il fermo biologico 2015, che prenderà ufficialmente il via domani per terminare domenica 27 settembre, parte con i soliti malumori che sembrano accomunare un po' tutte le marinerie regionali. Dal Sud al Nord delle Marche il provvedimento proprio non piace e il motivo è sempre lo stesso: non serve a nulla. O meglio, serve talmente a poco che non vale più la pena fermarsi seguendo direttive che sono le stesse ormai da 26 anni.



"Sono quasi trent'anni che facciamo questo fermo consapevoli del fatto che non serve a nulla ­ spiega Pietro Ricci, presidente di Nati in Adriatico, una delle associazioni regionali composte da marittimi ­. E' cosa nota che così è inutile eppure continuiamo a farlo e Roma non vuole proprio ascoltare le proposte di nuovi piani di gestione mirati proprio alla salvaguardia delle specie ittiche". Come detto l'unica novità è relativa al fatto che la data di avvio è stata spostata un po' più in avanti rispetto al solito. Se prima il fermo biologico iniziava più o meno tra la fine del mese di luglio e l'inizio di agosto, ora si parte il 16: "E' l'unica nota di cui rallegrarsi ­ afferma Ricci ­ visto che almeno quest'anno ci hanno consentito di riportare pesce a terra nel clou della stagione turistica".



Sabato sera però le barche sono rientrate in porto e per un mese e mezzo non potranno più tornare in mare.



I pescherecci interessati dal provvedimento saranno circa 550 sui quasi 800 della flottiglia regionale. Ad essere esentati dallo stop sono gli operatori delle lampare e delle vongolare. In pratica, durante il periodo del fermo biologico, a poter passare direttamente dal produttore al consumatore saranno solo mitili e alici mentre saranno costrette a restare a casa quasi 1800 persone tra imbarcati e operatori dell'indotto diretto. Numeri ridimensionati rispetto a quindici anni fa, quando barche e marittimi erano notevolmente di più, ma anche la crisi che sta attanagliando da anni il settore pesca ha fatto, purtroppo, le sue vittime.



Quest'anno, in più, arriva l'aggravante della chiusura della fossa di Pomo, un'area che si trova a cavallo tra le acque italiane e quelle croate dove si pescano perlopiù scampi e che, dal 25 luglio, è stata circoscritta come zona protetta per la riproduzione. Per un anno lì non potranno pescare né italiani né croati ma, a sentire gli operatori di questa parte dell'Adriatico, a rimetterci sono proprio i pescatori marchigiani dal momento che la chiusura sul lato italiano comprende tutte le zone di pesca degli scampi lasciando invece aree floride sul fronte della ex Jugoslavia. Che tradotto vuol dire che i croati potranno pescare gli scampi e magari portarli pure in Italia. "E' un paradosso ­ spiega il consigliere regionale Fabio Urbinati, della commissione marchigiana per la pesca ­. Qui assistiamo al danno e alla beffa. E' un provvedimento inutile e dannoso".



E su questo fronte si annuncia un ricorso al Tar contro le decisioni prese in Italia. Lo farà Nazzareno Torquati, presidente del consorzio economia ittica di San Benedetto che ha già elencato una serie di motivi per cui la chiusura di Pomo serve solo a penalizzare la pesca: "La metà delle attività dei nostri pescherecci ­ spiega ­ si concentra proprio in quell'area e poi non ha alcun senso fermare quella zona per un anno visto che gli scampi hanno un lentissimo accrescimento".
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