ANCONA - Annarita, lungo sguardo. Parafrasando Lucio Dalla, «lei lo sa». Tenace e determinata com’è, sa che per tornare a farcela «si deve puntare sulla ricerca, sull’innovazione». Al suo mondo di scarpe gioiello ed esili tacchi applica la formula di un lab avanzato. L’aveva detto in piena pandemia, la Pilotti, lo ribadisce oggi che la guerra si torna a combattere con bombe e tank.
Cambia il fronte, non la sua convinzione che è pronta a trasmettere, dalla fortezza fashion di Porto Sant’Elpidio della sua Loriblu, agli imprenditori di tutte le Marche.
I passaggi
Annarita, lungo sguardo. Nata nel 1958 a Penna San Giovanni, nel Maceratese, arrivò nel Fermano seguendo i sentieri dell’amore. Era il 1995 quando si spogliò della divisa di prima poliziotta delle Marche per entrare nell’azienda fondata da suo marito, Graziano Cuccù. Un camminare assieme, il loro, fino a conquistare i mercati e la vetta, il 2 giugno del 2012, di Cavalieri al Merito della Repubblica per volere del presidente Giorgio Napolitano. La velocità è vita, il futuro è il bersaglio. È sempre stato il motto di una creatura, tutta impeto e passione, che fece anche la maestra d’asilo e la benzinaia. I record stanno lì, a segnarle il destino. È stata la prima donna presidente dei produttori italiani di calzature: era il 9 giugno 2015, a Milano, quando venne eletta ad ampia maggioranza alla guida di Assocalzaturifici. Ed è ancora Milano, domenica scorsa tra gli stand del Micam, il punto di convergenza internazionale di mondo e scarpe, lo sfondo delle sue nuove coordinate che conducono nell’altrove: leader degli industriali della sua terra. Tutta.
Le richieste
Ricomincia di nuovo. «Dal desiderio di proporre, di reinventarmi. Il mercato – aveva detto una decina di mesi fa - è saturo, c’è tutto. Tocca puntare sulla ricerca, nella consapevolezza che i buyer oggi acquistano 30 e non più 100 prodotti, com’era una volta». La sua non è solo moda, è più emozione che forma. La sfida si alza e lei l’accetta: «Riparto da qui, dall’ascoltare le nuove esigenze del consumatore». Suggerisce il passo e si fa voce comune. «Noi, nelle Marche - ricordava quand’era a metà del tunnel del Coronavirus - siamo area di crisi complessa, quindi dovremmo ottenere, come accade nelle regioni del sud, l’agevolazione del 30% sul costo del lavoro. Una richiesta, questa, che andrebbe avanzata da Palazzo Raffaello». Esprimeva necessità che erano, e sono, urgenze. Con una certezza: «Fortuna che la mia voce è forte e decisa, quella nessuno me la toglie».
Annarita, lungo sguardo, accoglie un’intera famiglia di profughi ucraini. Spalanca la casa e il cuore alla moglie e ai due bambini di uno dei buyer, il quale vive a Chernigov, con cui lavora da anni. Percorre le vie della solidarietà senza evitare i dirupi della preoccupazione per le aziende legate ai mercati dell’area dell’ex Unione sovietica. La linfa per il calzaturiero made in Marche. «La situazione è drammatica - rimarca - e il nostro comparto sta subendo una battuta d’arresto, pesantissima, proprio nel momento in cui si stava rivedendo la luce dopo due anni di buio per il Covid». Torna a chiedere aiuti immediati: cig, ristori e misure finanziarie e fiscali. Con la sua voce forte e decisa.
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