L'avvocata Anna Indiveri: «Che corse in bici, ci sentivamo come Starsky e Hutch»

L'avvocata Anna Indiveri: «Che corse in bici, ci sentivamo come Starsky e Hutch»
L'avvocata Anna Indiveri: «Che corse in bici, ci sentivamo come Starsky e Hutch»
di Valentina Berdozzi
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Domenica 10 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 09:01

Il fatto che ci sia una strada implica la possibilità di arrivare a qualche destinazione, di compiere un viaggio, di mettersi in moto e non rimanere impantanati nell'immobilità. Una strada da percorre è una variabile importantissima nella nostra vita, il sottile confine tra essere e divenire, tra quiete e movimento, tra stasi e rivoluzione: è un modo di vivere, un confine netto e preciso. Nei ricordi dell'avvocata Anna Indiveri, poi, la strada è un luogo magico, colmo di ricordi che emozionano e raccolgono l'allegria di una persona che «per strada c'è cresciuta», sottolinea, e la strada l'ha vissuta con quella caratteristica di bambina gioviale, amichevole, solare, «io che non sono mai stata introversa in tutta la mia vita».

La strada dei ricordi, quella delle lunghe corse in bicicletta con gli amici della zona, dei mercatini in cui «vendevamo vecchi giocattoli, bottoni e tulipani appena sbocciati, la strada delle cene d'estate tutti insieme, in cui c'era sempre qualcuno che suonava la chitarra e allietava l'atmosfera densa di partecipazione e condivisione» è via Flaiani, «quella sotto la caserma dei carabinieri - precisa -: era una via chiusa, un mondo a sé stante fatto di vicinanza e amicizia. Ho vissuto lì fino agli undici anni, quando poi con la mia famiglia ci siamo trasferiti a Santa Petronilla, ed è stato un luogo meraviglioso in cui crescere e formarsi. Libera, spensierata, desiderosa di scoprire e conoscere, con le mani sempre in movimento e, nel cuore, un grande amore per le scarpe con i tacchi mi rendo conto che non è una passione che si addica a una bimba piccola, ma io le scarpe da donna con i tacchi le adoravo e mi faceva impazzire osservarle e, soprattutto, indossarle».

La spalla

«In questo mio interesse, mi faceva da spalla una nostra vicina di casa: piccola e minuta, aveva un piede da bambina e mi lasciava vestire quelle calzature dai tacchi vertiginosi, che adoravo sfoggiare su e giù nelle mia sfilate per la via - chiosa sorridendo -: per lo meno, fino a quando riuscivo a resistere ai richiami delle corse in bicicletta e degli spericolati inseguimenti tipo quelli che mi incollavano alla tv davanti agli episodi del poliziesco Starsky e Hutch. Niente cartoni animati o film romantici: nella mia infanzia, l'attrazione più forte era esercitata da tutto quello che prevedeva indagini da compiere, casi da risolvere, misteri da svelare e colpevoli da arrestare.

Sono state un'infinità le volte in cui, con una mia amica della via, ci siamo lanciate in corse spericolate definendoci le Starsky e Hutch al femminile, intrepide sulle nostre due ruote, unite contro il crimine», ride. L'intraprendenza - quella della fantasia, del cuore, dei sogni e dei desideri - non è mai mancata. Torna a galla nella memoria, allora, quel giro in moto a Lido di Fermo, «quello che i miei genitori non hanno mai smesso di raccontarmi come uno dei momenti più terrificanti che gli abbia mai fatto vivere - sentenzia -: io ero una bimba di due anni e mezzo e raccontano le cronache che, mentre eravamo a prendere un gelato, io mi sia sottratta alla sorveglianza dei miei e uscendo dalla gelateria e trovandovi di fronte un ragazzo seduto su una moto, gli abbia chiesto di poter salire e fare un giro. Il motociclista, cortesemente, mi fece accomodare in sella ed esaudì il mio desiderio: quando rientrammo e i miei mi videro ricomparire all'orizzonte furono una grande gioia, per me, e la fine di un fortissimo spavento, per loro. Insomma ero piccolina, ma il seme della velocità e degli inseguimenti in moto, evidentemente, stava già dando i suoi primi frutti», conclude ridendo.

L’amore

Sulle due ruote, lanciati lungo la scia di fughe rocambolesche e inseguimenti all'ultimo respiro, i ricordi macinano chilometri e chilometri, con il sole in faccia e il vento in poppa. Una sensazione di libertà meravigliosa, che corre sulla pelle di una bambina che «nel contatto con la natura, all'aria aperta, nella spontaneità di un'infanzia genuina e nella bellezza di anni vissuti fino in fondo si è fatta grande, mantenendo sempre nel cuore ricordi meravigliosi come la notte passata, con il gruppo Scout, «a dormire con il sacco a pelo in una chiesa sconsacrata, circondati da buio e pipistrelli, oppure come la volta in cui, mentre con i miei amici dormivamo in una grande prato, una mucca tirò via la tenda e iniziò a leccarmi il viso. Ricordo perfettamente la sensazione provata mentre la lingua dell'animale mi bagnava il volto: umida e appiccicaticcia, sapeva però di natura e libertà».

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