Frenata della produzione, Fenni di Confindustria Fermo analizza il momento: «Più cassa integrazione, pesa il fattore prezzo»

Frenata della produzione, Fenni di Confindustria Fermo analizza il momento: «Più cassa integrazione, pesa il fattore prezzo»
Frenata della produzione, Fenni di Confindustria Fermo analizza il momento: «Più cassa integrazione, pesa il fattore prezzo»
di Massimiliano Viti
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Domenica 11 Febbraio 2024, 04:55 - Ultimo aggiornamento: 11:38

FERMOL’allarme era risuonato a novembre 2023. Quando cominciavano ad arrivare le richieste di cassa integrazione da parte delle aziende che solo 5 mesi prima marciavano a vele spiegate. Con la produzione che andava a tutta velocità per poter soddisfare le richieste delle griffe. Ma poi c’è stata una brusca frenata. Gli ordini hanno prima cominciato a rallentare e poi hanno subito uno stop. I numeri positivi del comparto marchigiano che venivano sfornati fotografavano una realtà che non c’era più. L’inflazione ha causato l’aumento dei prezzi di vendita e così è cresciuto il valore esportato nelle statistiche.

I volumi delle griffe del lusso presenti nel territorio incidono in maniera notevole sul dato complessivo.

Basta il trasferimento della logistica da una provincia all’altra di un marchio che le statistiche diventano fuorvianti. E oggi, a 3 mesi dal primo allarme, la situazione è peggiorata.

L’allarme

L’allarme non è solo marchigiano ma nazionale. Nel distretto toscano della pelletteria di lusso, ad esempio, secondo i dati Confartigianato, risultano in cassa integrazione 396 aziende su 2.079 e 4.218 lavoratori su 9.396. Un numero altissimo. «Da tempo sostengo che i dati non rispecchiano la realtà delle nostre aziende. Non dicono quello che vediamo noi calzaturieri. La realtà che abbiamo davanti a noi è diversa. Nella nostra sede di Confindustria Fermo le domande per la cassa integrazione si moltiplicano» afferma Valentino Fenni, presidente dei calzaturieri fermani di Confindustria. Gli analisti prevedono che un rilancio del settore non arriverà prima del secondo semestre di quest’anno. Ma nel frattempo? Il settore chiede aiuto. Lo hanno fatto Cna e Confartigianato con un comunicato congiunto dal titolo “Allarme moda”. Lo ha fatto la presidente di Assocalzaturifici Giovanna Ceolini. E sicuramente gli imprenditori lo ripeteranno alle istituzioni presenti al Micam la settimana prossima. Perché se le imprese che svolgono la produzione per il lusso sono al tappeto, quelle che vendono i prodotti col proprio marchio fanno una grandissima fatica a fatturare. La situazione in Russia, la crisi della Germania e il rallentamento degli Stati Uniti lasciano poco spazio per un segno più nell’export. Perfino il clima fin troppo mite che c’è stato fino alla prima settimana di novembre ha inciso in maniera negativa sulle vendite. Se non è freddo e non piove, un paio di sneaker made in Cina o Vietnam basta e avanza. Chi non segue le tendenze moda difficilmente ha indossato un paio di stivali fino adesso. E con la crisi economica, il prezzo del prodotto conta. «Possiamo anche essere i più bravi nella produzione delle scarpe ma alla fine anche il prezzo ha il suo peso determinante nelle scelte del compratore» ricorda Fenni. E l’Italia non può competere sul prezzo. «La concorrenza arriva dalla Turchia, dall’Asia in generale ma anche dall’Europa, dove in paesi come il Portogallo la manodopera costa un terzo della nostra» sottolinea lo stesso presidente. Questa situazione di stagnazione incide anche sul futuro. Sulla possibilità di effettuare investimenti da parte delle imprese. Investimenti sulla digitalizzazione, sulla sostenibilità, sulle innovazioni più in generale. Tutto bloccato. Il distretto gioca in difesa, con la speranza che il prossimo Micam porti qualche novità. Ma soprattutto che la nottata passi in fretta.

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