Ilaria Salis, l’opposizione incalza Meloni. Palazzo Chigi sceglie la prudenza

Schlein guida il fronte delle polemiche

Ilaria Salis, l’opposizione incalza Meloni. Palazzo Chigi sceglie la prudenza
Ilaria Salis, l’opposizione incalza Meloni. Palazzo Chigi sceglie la prudenza
di F. Mal.
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Giovedì 28 Marzo 2024, 22:21

«Politicizzare il caso non aiuta». Sulla vicenda Ilaria Salis la linea del governo la detta - per competenza - il ministro degli Esteri Antonio Tajani, invocando «serietà e prudenza». Fattori a cui, di rientro dal Libano, Giorgia Meloni attinge pienamente, preferendo tacere. Eppure per tutto il giorno le opposizioni provano a incalzarla.

«Ilaria Salis resterà in carcere a Budapest, i giudici ungheresi hanno deciso di negarle gli arresti domiciliari. Uno schiaffo irricevibile ai diritti di una persona detenuta, di una nostra connazionale. Ci aspettiamo che il governo di Giorgia Meloni reagisca, subito» è ad esempio il commento di Elly Schlein. Alla segretaria dem - con il partito che ha mandato nell’aula ungherese sei rappresentanti – si è unito anche il senatore e fondatore di IV Matteo Renzi. «Il governo italiano deve lavorare per i cittadini italiani. Presidente Meloni, si faccia sentire. Ci governano i Fratelli d’Italia o i sudditi d’Ungheria?» Come loro, più o meno sprezzanti, anche Carlo Calenda di Azione («Il governo, che non è riuscito a far valere le sue ragioni attraverso i rapporti bilaterali, chieda l’immediato intervento della commissione europea») o il segretario di +Europa Riccardo Magi («Meloni intervenga, chiami Orban e metta fine a questo scempio»). 


LA SITUAZIONE
La situazione in pratica si è fatta complicata per la premier. In primis perché non può districarla personalmente come le viene chiesto. «Questa è una vicenda processuale – spiega il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan - Una questione è l’andamento del processo, che non può che essere portato avanti se non da quel tribunale. Un’altra è il trattamento dell’imputata che a noi non piace» e «il governo si è mosso per ottenerne uno nel rispetto dei diritti umani». 


L’Italia infatti non può tentare di ingerire nel sistema giudiziario magiaro anche perché il quasi-amico di Meloni Viktor Orbàn vive una situazione politica uguale e opposta a quella della premier.

Il leader di Fidesz è infatti ugualmente in imbarazzo perché, in vista delle elezioni, non può cedere troppo terreno al Mi Hazánk Mozgalom, movimento estremista che si propone di scavalcare a destra il primo ministro ungherese. Per Meloni però il caso Salis è particolarmente scottante. Non tanto per la maestra di per sé, quanto perché sin dal suo arrivo a palazzo Chigi ha impostato la barra diplomatica verso la capacità italiana di dialogare efficacemente con tutti.

Dopo i successi con Al Sisi in Egitto per la liberazione di Patrick Zaki o con i tre italiani ostaggi in Mali, così come quelli legati al dialogo con regimi non considerati del tutto democratici, secondo i suoi colonnelli la premier non è a proprio agio con la situazione attuale. Il profilo basso scelto ieri, lasciando che fosse la Farnesina a dettare la linea, non è casuale. Per di più perché tutti i consiglieri e gli esperti consultati dal governo, hanno chiarito che il pressing mediatico difficilmente avrebbe smosso la corte ungherese. Anzi. «Certe cose vanno fatte in silenzio» è il ragionamento che la premier avrebbe affidato ai fedelissimi già quando il caso Salis monopolizzò l’attenzione mediatica a febbraio scorso. Un po’ come, spiega una fonte diplomatica, l’Italia ha da poco rimpatriato - nel silenzio più assoluto - tre cittadini del Belpaese detenuti in Tunisia, sottoponendoli poi agli arresti domiciliari. Una via, questa, che però oggi al governo pare impercorribile. «Ci vorranno mesi» confida un ministro. A meno che, qualora il Pd decidesse di candidarla realmente a Strasburgo, poi l’Ungheria non lasci la Salis andare. «Ma è uno scenario che rischia di complicare ancora le cose».

 

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