Sotto le macerie Patrizia ha perso figlio, marito e genitori: «Sono morta dentro. Ci hanno abbandonato»

Lo straziante racconto di quella maledetta notte del 24 agosto: "Alberto urlava, ma alla seconda scossa non c'era già più"

Patrizia Marano con il marito morto sotto le macerie
Patrizia Marano con il marito morto sotto le macerie
di Luigi Miozzi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 24 Agosto 2023, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 07:22

ARQUATA -  «Siamo vivi, ma morti dentro». Quella tragica notte di sette anni fa, la sua vita e quella della sua famiglia è cambiata per sempre. La terribile scossa, arrivata in piena notte, in pochi secondi le ha portato via gli affetti più cari: il marito Alberto Reitano, il figlio Tommaso e i genitori Corrado e Santina Giorgi sono morti sotto le macerie.

«Siamo marchiati, per noi ogni giorno è il 24 agosto», racconta Patrizia Marano  che dal giorno della tragedia trova la forza per andare avanti nel figlio Matteo, l’unico della famiglia che, insieme a lei, è scampato alla furia del Mostro. «Lui desso ha 29 anni e ci facciamo forza l’uno con l’altra – dice -.

Il nostro è un dolore che non si dovrebbe mai provare e che solo chi ci è passato cosa sia. Ho perso troppo, sopravviviamo, non si vive più anche se qualche volta riusciamo anche a sorridere». 

La scossa 

Il ricordo va inevitabilmente a quella notte: «Ho ascoltato mio marito morire – ricorda Patrizia con la voce carica di commozione -. Era di fianco a me, nel letto, e urlava “sto morendo”. Quando è arrivata la seconda scossa, lui non c’era già più. Invece di mio figlio Tommaso non sapevo che fosse morto. È stata mia sorella, il giorno dopo a dirmi che da quel momento mi sarei dovuta occupare solo di Matteo». Da quel momento la loro vita, quella sua e del figlio, è cambiata per sempre: «La gente fugge dal dolore e noi, dopo un po’, siamo rimasti soli – è l’amara considerazione della donna -. Gli amici di un tempo si sono allontanati e la solidarietà l’abbiamo trovata o da coloro che hanno vissuto la nostra stessa tragedia e provato il nostro stesso dolore o dalle persone che abbiamo conosciuto successivamente».

Un senso di abbandono subito anche dalle istituzioni: «Nessuno ci ha considerato: né dal Lazio, dove abbiamo la residenza, né dalle Marche dove c’era la nostra casa. Però i nostri cari sono morti». Adesso, l’obiettivo è ricostruire la loro casa: «Il nostro obiettivo ora è quello – dice Patrizia – il mio futuro lo vedo lì. Anche perchè su quella casa ridotta ad un cumulo di macerie, sto continuando a pagare un mutuo. Avevamo deciso di ristrutturarla e per fare i lavori avevamo chiesto il mutuo in banca ma il terremoto ha spazzato via tutto».

Patrizia e il figlio sono tra coloroi che al momento di scegliere dove ricostruire la propria abitazione hanno preferito l’ipotesi di delocalizzazione: «Pescara del Tronto mi ha dato tanto ma mi ha anche tolto molto – spiega la donna -. È stato il nostro paradiso ma dopo quel 24 agosto si è trasformato in un inferno. Piedilama è più tranquilla ed io mi sento accanto a loro. Ed ho scelto di seppellire i miei cari al cimitero di Borgo proprio per avere la forza di ritornarci. Andare a Pescara mi avrebbe fatto troppo male». Sono passati sette anni ma il dolore per quelle vite strappate alla vita in pochi minuti è ancora troppo forte. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA