Ristoranti, il delivery per restare a galla. E c’è chi si inventa pure la raccolta punti

Ristoranti, il delivery per restare a galla. E c’è chi si inventa pure la raccolta punti
Ristoranti, il delivery per restare a galla. E c’è chi si inventa pure la raccolta punti
di Sabrina Marinelli
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Sabato 31 Ottobre 2020, 09:42 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 10:16

SENIGALLIA  - C’è chi polemizza e chi si dispera ma c’è anche chi cerca soluzioni tra i ristoratori, certo che lamentandosi non cambierà la situazione. E’ il caso de La Lampara, pizzeria e ristorante sul lungomare Mameli, a conduzione familiare che martedì scorso ha lanciato l’idea di una raccolta punti per incentivare l’asporto e in pochi giorni c’è chi già l’ha ultimata riscattando l’omaggio: una pizza a scelta.

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«Noi viviamo questo difficile momento con ottimismo – racconta Laura Nava, titolare insieme al marito Marco Rosati, cuoco e pizzaiolo -, sperando di uscirne quanto prima.

Cerchiamo di trovare soluzioni per il lavoro e non di piangerci addosso. Continuiamo quindi a lavorare sempre a gestione familiare, alternandoci nei compiti con i nostri figli».


Da questa positività nasce l’idea della raccolta punti. «E’ nata per fidelizzare i clienti – aggiunge – e già in molti hanno terminato più di una scheda. C’è chi se la passa tra familiari o amici. Non è nominativa e non ha scadenza. Adesso è valida per le pizze ma presto la estenderemo anche per gli asporti relativi alla cucina». Si tratta quindi di una carta fedeltà che comprende dieci spazi dove inserire un timbro per ogni asporto. Terminata la tessera si ha diritto ad una pizza gratis a scelta. Non essendo una scheda personale chiunque in famiglia la può utilizzare e c’è chi la presta anche agli amici per arrivare prima all’obiettivo, quello appunto di ottenere l’omaggio. Per il pranzo poi lavorano regolarmente. Hanno ideato un menù a partire da 15 euro, l’ideale per gli operai e la gente che si sposta per lavoro e non vuole spendere molto. Lavorando con la modalità delivery per la cena il lavoro si sposta dalla sala, chiusa, alla cucina ancora operativa. Rimane anche un po’ di tempo libero ma non molto. «Lo utilizziamo per far lavoretti di ammodernamento al ristorante e per stare in famiglia – prosegue la ristoratrice -. Il tempo è relativo, con l’asporto serve meno presenza ma si sta comunque al ristorante fino alle 23». 


La cucina lavora per preparare ciò che la gente ordina da portare via. La modalità delivery non pareggia gli incassi, che il ristorante avrebbe fatto restando aperto a cena, ma è un modo di continuare ad offrire un servizio ai clienti, mantenendo i contatti in attesa di riaprire. «Le entrate sono minori sicuramente – conclude Laura Nava - chi prende la pizza o cena al tavolo prende anche da bere, poi il dolce, il caffè o la nostra moretta e poi i digestivi. Chi si affida solo all’asporto si limita alla semplice pizza». Del resto però non si può fare diversamente, almeno per il momento.

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