Vaccino all'estero, il presidente dei medici: «Disagio inaccettabile, il certificato va dato subito»

Vaccino all'estero, il presidente dei medici: «Disagio inaccettabile, il certificato va dato subito»
Vaccino all'estero, il presidente dei medici: «Disagio inaccettabile, il certificato va dato subito»
di Graziella Melina
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 4 Agosto 2021, 07:33 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 04:38

«Il disagio dei cittadini che si sono vaccinati all'estero e si ritrovano senza green pass è notevolissimo. È una situazione inaccettabile». Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, da tempo chiede che venga trovata una soluzione. «Avevamo anche sollecitato il ministero ricorda Tutte le persone già vaccinate fuori dal nostro Paese devono avere una risposta».

Green pass, Pregliasco: «Urgente la certificazione ai vaccinati all’estero. Non siano discriminati»

Green pass, Andreoni (Tor Vergata): «Un diritto per chi ha un vaccino riconosciuto»


Le difficoltà per ottenere il green pass sono ormai note. Secondo lei cosa bisogna fare?
«È un disagio che dovrebbe essere assolutamente colmato. Avevamo anche sollecitato il ministero della Salute, in particolare il direttore generale della Prevenzione Giovanni Rezza perché si trovasse una soluzione. Sono tanti i concittadini che attendono una risposta. È una situazione complicata. La vaccinazione l'hanno già completata ma non sanno come fare per tornare in Italia. Forse si potrebbe pensare di prendere atto della certificazione rilasciata nel luogo in cui hanno ricevuto il farmaco anticovid, purché ovviamente sia un documento ufficiale».
La campagna vaccinale viene fatta a livello mondiale, ma per avere il green pass bisogna star dietro alle regole di ciascun Paese.
«Per Pfizer, Moderna, Astrazeneca e Johnson and Johnson, i 4 vaccini autorizzati da Ema, ossia l'Ente regolatorio europeo, il problema non si dovrebbe porre. Resta invece drammatica la situazione per chi ha fatto altri vaccini. In questo caso la soluzione è più complicata».
Da cosa dipende?
«Il livello di immunizzazione per noi non è certo e quindi a questo punto è difficile dire se con un vaccino cinese, per esempio, la protezione ottenuta è sufficiente. Né i test sierologici oggi in commercio riescono a darci una risposta esaustiva, perché rappresentano soltanto una delle parti di immunità che viene stimolata dai vaccini. Mentre, invece, l'immunità cellulomediata purtroppo non può essere valutata. E quindi resta il dubbio che quella vaccinazione non possa avere in effetti un sufficiente livello di immunizzazione del cittadino».
È lo stesso problema che riguarda tutte le persone che si sono fatte inoculare il vaccino russo Sputnik?
«Prima di decidere di dare il green pass a queste persone bisognerebbe fare una attenta valutazione dei dati presenti in letteratura sul livello di immunizzazione che garantisce lo Sputnik. Per stare tranquilli, dovrebbe superare il 70-75 per cento. Ma su questo aspetto sia l'Istituto Superiore di Sanità che il ministero della Salute potrebbero fare un ulteriore approfondimento».
La questione del vaccino sperimentale Reithera come va inquadrata?
«Credo sia in atto una soluzione. È intervenuto direttamente il ministro della Salute e ha mostrato grande sensibilità. Si tratta di un gesto di generosità di molti cittadini che si sono offerti per consentire la sperimentazione di un vaccino in Italia. A me pare che sia giusto tenerne conto».
Intanto, dal suo osservatorio, le risulta che siano tante le persone che non sanno come fare per ottenere la certificazione verde?
«Sì, ci sono per esempio i nostri dirimpettai, penso all'Albania e al Montenegro che sono proprio difronte a noi a pochi chilometri di distanza, che hanno difficoltà a vedere riconosciuta la vaccinazione fatta in quei paesi. I nostri concittadini che lavorano e vivono lì hanno molti problemi. È chiaro che il rientro in Italia è consentito facendo prima un tampone, però giustamente visto che si sono già vaccinati chiedono il pieno riconoscimento dei loro diritti».
Ma in generale pensa che la certificazione verde sia utile per gestire meglio tutte le attività in sicurezza?
Certo. Con la certificazione verde non viene limitata la libertà individuale, ma viene semplificata al massimo la nostra vita. Nessuno vieta lo svolgimento di attività a chi non si vuole vaccinare, ma è chiaro che per potersi muovere deve fare i tamponi. Se ci si vaccina e si ottiene il green pass, invece, l'accesso a qualsiasi luogo è abbastanza facile. Ricordo che ottenere una certificazione verde significa potersi muovere con tranquillità, svolgere le proprie attività e nello stesso tempo farlo in piena sicurezza. Diventa, insomma, un obiettivo strategico di fondo anche per riprendere le attività economiche e sociali che in questo anno e mezzo in molti casi abbiamo ridotto o addirittura abolito».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA