Un negozio su dieci è straniero e i piccoli non parlano italiano

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Venerdì 6 Luglio 2018, 05:04
IL REPORTAGE
ANCONA Pizza o falafel? Cappuccio o caffè al ginseng? Stoccafisso o pollo in stile tandoori? Il menù internazionale si aggiorna, le frontiere del mercato si aprono al mondo orientale. I dati forniti dalla Camera di Commercio (marzo 2018) parlano chiaro: un'impresa su dieci ad Ancona è gestita da stranieri. Le imprese individuali sono la stragrande maggioranza, ma quello che più salta all'occhio è il costante aumento di attività avviate da immigrati arrivati da ogni parte del pianeta.
Negozi multicolor
Il commercio conta 71 nazionalità: un caleidoscopio di sapori, profumi e tradizioni che si mescolano ma non riescono ad integrarsi alla perfezione. È un processo lento e laborioso, ma incontrovertibile. Culture diametralmente opposte convivono in spazi ristretti e in quartieri un tempo anconetanissimi, oggi così multietnici da smarrire la propria identità, Piano e Archi su tutti. In questi due storici e popolosi rioni si concentra il grosso delle attività straniere. Che nel solo comune di Ancona ammontano a 1.581 su un totale di 15.657. Quelle italiane sono 14.076. Il resto, il 10 per cento appunto, no. Nel mappamondo spicca la Romania che ha messo radici con 229 imprese. Romeni specializzati nelle costruzioni, hanno costituito 78 imprese impegnate nel settore edile: per lo più ditte individuali di muratori, carpentieri e cartongessisti. Il popolo delle partite Iva si amplia anche grazie a loro. Poi ci sono i cittadini del Bangladesh, una comunità in netta espansione negli ultimi anni. Sono 195 i bengalesi titolari di un'impresa. Il loro habitat naturale è il commercio al dettaglio con 86 attività in questo settore.
Albanesi terzi
Terzo gradino del podio per l'Albania che conta 133 imprese di cui 45 operanti nell'edilizia. Come i romeni. E i cinesi? Solo quarti con 107 attività: preferiscono il commercio al dettaglio e all'ingrosso e il manifatturiero, oltre alla ristorazione, un classico. Seguono i tunisini (95), i marocchini (47), gli argentini (38), i pakistani (34), i nigeriani (31) e gli ucraini (30). Non mancano piccole realtà di cittadini dal Vietnam, dalla Sierra Leone, da Capo Verde, dal Kazakistan, perfino da Hong Kong. Tanti extracomunitari, pochi europei: solo 12 le imprese tedesche, 8 quelle francesi, 6 le inglesi. I Paesi occidentali preferiscono investire altrove. In generale, il 24% degli stranieri residenti ad Ancona operano nell'ambito del commercio al dettaglio. Il 18% ha un'impresa di costruzioni, il 10% un'attività di ristorazione, settore in cui spiccano i cinesi. Seguono il commercio all'ingrosso (5%) e una quota residuale di ditte di pulizia e manutenzione (4%) o specializzate nel commercio e nella riparazione di veicoli (4%).
Le imprese individuali
Per quanto riguarda la natura giuridica delle attività straniere, per oltre il 50 per cento si tratta di imprese individuali (892), formula vantaggiosa, anche sul piano fiscale, per gli immigrati che si mettono in proprio. Le società di persone (semplici, in nome collettivo o in accomandita semplice) sono 364, le società di capitali (Spa, Srl e simili) sono 277. Per farsi un'idea di come il commercio stia cambiando, basta fare una passeggiata al Piano. Qui i negozi stranieri spuntano come funghi, ma il turnover è vorticoso. Si apre e si chiude con grande rapidità e sono numerosi i locali sfitti o deserti. Piazza Ugo Bassi è un esempio lampante: ormai gli esercizi italiani si contano sulle dita di una mano. Fa un certo effetto avvicinarsi al bancone e ordinare un caffè alle cameriere dagli occhi a mandorla: d'altronde, i cinesi gestiscono due dei tre bar della piazza, fulcro del Festival del Piano che l'estate scorsa fu organizzato dal Comune, per favorire l'integrazione, ma non si sa ancora se verrà replicato.
Il mondo è qui
Arrivano da tutto il mondo per fare affari ad Ancona. Ci sono pionieri che si sentono ormai italiani acquisiti e fronteggiano con successo la crisi e new entry che provano a ritagliarsi clienti e fette di mercato. Ehab Ghanam, egiziano di 47 anni, ha inaugurato nel 2015 il suo negozio di frutta La Piramide al Piano. Gli affari vanno così bene che ha deciso di espandersi, aprendo un secondo locale in via Loreto. «Mi piace Ancona, si vive e si lavora bene - dice -. Io, mia moglie e i miei figli siamo scappati da Roma perché c'era troppo caos. Qui si sta molto meglio, c'è più tranquillità. I nostri clienti? Per la maggior parte sono italiani. È bello che in questo quartiere ci siano tante nazionalità diverse. Funziona così in tutto il mondo. Così si sviluppa l'integrazione».
Stefano Rispoli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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