Sono accuse da ergastolo ma per le sorti di Michel sarà decisiva una perizia

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Domenica 5 Luglio 2020, 08:14
IL PROCEDIMENTO
ANCONA Ma quanto carcere può farsi uno come Michel Santarelli, che ha sgozzato una donna indifesa senza alcuna ragione al mondo e rischiato di ammazzare anche il marito? Da zero giorni all'ergastolo, i due estremi di un ventaglio di esiti giudiziari condizionato soprattutto dalle perizie che saranno disposte sulla capacità di intendere e di volere del ragazzo. Perché Michel, se in teoria fosse dichiarato non affetto da vizi di mente, da codice penale rischierebbe il carcere a vita.
Nessun movente
Solo nell'udienza di convalida di domani, che si terrà in ospedale davanti al gip Piermartini, la procura formalizzerà le contestazioni, ma dalla prima ricostruzione del fatto di sangue difficilmente non sarà ipotizzata, nell'accusa di omicidio volontario e tentato omicidio, l'aggravante dei motivi futili e abietti. La prima valutazione che si era sentito di fare a caldo il colonnello Cristian Carrozza, comandante provinciale dei carabinieri, uscendo venerdì dal villino del massacro, riguardava proprio l'assenza di una possibile spiegazione di quella violenza inaudita. «Un delitto senza movente», aveva detto l'ufficiale. E con un reato del genere, per il quale è previsto come pena massima l'ergastolo, non sarà possibile neanche accedere ai benefici del giudizio abbreviato (che concede lo sconto di un terzo della pena), un rito alternativo vietato da una legge del 2019 per chi si macchia dei reati più gravi puniti con il carcere a vita.
Ma è scontato che i difensori di Michel Santarelli, visti i precedenti di disagio psichico, chiederanno al giudice un accertamento sulla sua capacità di intendere e di volere al momento del delitto. Aprendo scenari che possono portare sia a una dichiarazione di vizio parziale di mente (con conseguente sconto della pena) sia a una pronuncia di assoluzione per totale incapacità di intendere e di volere al momento del delitto. Da alcune indiscrezioni circolate in ambienti di palazzo di giustizia, sembra che già nel giugno scorso in un altro procedimento minore su fatti del 2018 il ragazzo abbia avuto una perizia che lo dichiarava incapace di intendere e di volere al momento del fatto, ma anche fosse così (i suoi legali dell'epoca non confermano) la consulenza non sarebbe valida per questo nuovo procedimento. Ne servirebbe un'altra e in caso di vizio totale di mente, alla detenzione carcere sarebbe sostituita una misura di sicurezza in una di quelle strutture che dal 2017 hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari e ora si chiamano Rems, Residenze sanitarie regionali per l'esecuzione della misura di sicurezza.
La misura di sicurezza
Era capitato ad esempio nel 2015 nel processo al papà di Collemarino che in preda a un delirio mistico uccise a coltellate la figlioletta di 18 mesi, assolto per incapacità di intendere e volere ma sottoposto a misura di sicurezza di tre anni rinnovabile. Il perito lo definì «totalmente asservito all'idea delirante che, se non eseguirà le indicazioni della voce divina', che ha scelto lui come salvatore dell'umanità, vi saranno conseguenze catastrofiche». Stesso esito nel processo a un altro papà, un giovane macedone che il 4 gennaio 2018 soffocò a Cupramontana il figlio di cinque anni: in primo grado era stato condannato a 12 anni con rito abbreviato e pena ridotta per semi-infermità di mente, poi in appello nel gennaio scorso è stato assolto per incapacità totale (il perito lo dichiarò «sopraffatto da un delirio mistico») e sottoposto a misura di sicurezza per dieci anni in una Rems.
l. s.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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