IL DECRETO
Tira e molla tra Stato e Regioni sul Dpcm che detterà le regole

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Mercoledì 2 Dicembre 2020, 05:05
IL DECRETO
Tira e molla tra Stato e Regioni sul Dpcm che detterà le regole per le feste di Natale. Da una parte, i territori chiedono di allentare almeno alcune delle misure restrittive anti-Covid introdotte per frenare il contagio e, a tal fine, ieri hanno presentato al governo un documento congiunto con alcune proposte, tra cui la possibilità di far restare aperti bar e ristoranti fino alle 23 e di permettere agli ospiti degli hotel di usare palestre e piscine interne, ed impianti sciistici collegati. Dall'altra, l'Esecutivo Conte sembra più orientato ad una posizione di estrema prudenza e si è preso un giorno per esaminare il testo con le richieste anche se il pomeriggio di ieri ha riservato qualche sorpresa.
Il secondo round
La Conferenza Stato-Regioni di ieri mattina è stata, più che altro, un momento di ascolto delle istanze perorate dai governatori (a rappresentare le Marche, il vicepresidente Mirco Carloni e l'assessore alla Sanità Filippo Saltamartini), a cui ha fatto seguito un confronto interno alla maggioranza di governo. Oggi, invece, si tireranno le somme sulle regole che entreranno in vigore dal 4 dicembre e che potrebbero restare inalterate fino al 6 gennaio. «Bisogna evitare gli spostamenti tra Regioni e mantenere il limite delle 22 per la circolazione: sono due punti centrali e imprescindibili del modello di sicurezza che stiamo costruendo insieme», avrebbe ribadito il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia durante il vertice di ieri. Sul tema degli spostamenti, potrebbe però esserci un ammorbidimento della linea, al fine di permettere di valicare i confini regionali non solo ai residenti che intendono tornare a casa per Natale, ma anche per i ricongiungimenti familiari.
Il limite delle 18 per i ristoranti
Difficilmente, invece, Roma cambierà idea sullo spostamento in avanti della deadline delle 18 per il settore della ristorazione, orario in vigore al momento nella sola zona gialla. Il no appare irreversibile e, se ciò venisse confermato e messo nero su bianco nel Dpcm, verrebbe spazzata via la proposta partita dalle Marche di permettere a bar e ristoranti di stare aperti anche a cena (Carloni aveva chiesto di estendere l'orario alle 22, diventate le 23 nel documento congiunto). «In questa seconda ondata, gli attuali strumenti e misure di protezione civile messi in campo per affrontare una pandemia che dura da oltre 10 mesi, rischiano di non essere più adeguati», l'incipit delle tre pagine di richieste dei governatori all'Esecutivo. Oltre alla necessità «di contrastare ogni forma di assembramento » e di avviare «una poderosa campagna di comunicazione rivolta ai cittadini, al fine di responsabilizzarne i comportamenti», i territori hanno ribadito la «necessità assoluta» di garantire i ristori e chiesto un confronto con lo Stato per programmare in totale sicurezza la riapertura delle scuole che la maggioranza delle Regioni ritiene opportuno prevedere a gennaio «anche individuando apposite task force sanitarie e stabilendo linee condivise per la prossima fase vaccinale».
Il rumor di metà pomeriggio
A tal proposito va registrata anche l'indiscrezione secondo cui Conte avrebbe avanzato l'ipotesi di una riapertura delle lezioni alle scuole superiori in presenza dal 14 dicembre. Ma il rumor deve passare al vaglio del Cts e con tanto rigore sembra difficile che prima di Natale si possa tornare in classe. Nella wish list natalizia, i presidenti hanno inoltre inserito la richiesta di consentire «le attività di palestre, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali, che si trovino all'interno di alberghi e/o strutture ricettive, limitatamente ai propri clienti», «le attività sportive al chiuso che prevedano lezioni esclusivamente individuali» e le attività venatorie anche fuori Comune. Si chiede inoltre di «valutare l'apertura degli impianti da sci per chi pernotta almeno una notte nelle strutture ricettive o a chi ha in affitto o possiede una seconda casa». In subordine, la proposta è quella di valutare «la chiusura dei confini nazionali, ristori certi in percentuale del fatturato dello stesso periodo dell'anno scorso (alta stagione), nonché certezza sulla data e sulle condizioni di apertura degli impianti».
Martina Marinangeli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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