Letta, il totoministri: a rischio D'Alema e Cicchitto

Massimo D'Alema
Massimo D'Alema
di Alberto Gentili
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Venerdì 26 Aprile 2013, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 12:41
ROMA - Per sottrarsi al tritacarne dei veti incrociati e allontanare l’immagine dell’inciucio e dell’abbraccio con il Caimano, Enrico Letta punta sul ricambio generazionale.



«Cercherò di fare il governo con persone competenti, ma che non abbiano 40 anni di carriera alle spalle», ha detto il premier incaricato lasciando Montecitorio alla fine della giornata di consultazioni in cui ha gettato le basi per una maggioranza con Pd, Pdl e Scelta civica.



LO SCHEMA

Durante i colloqui, Letta ha fornito altre indicazioni. La prima sulla formula, ben lontana da quella del governissimo ad alta densità politica che chiedeva il Pdl: «I ministri saranno personalità parlamentari e non parlamentari». Insomma, un mix di politici e di tecnici per «un governo di servizio al Paese, snello e sobrio». Massimo 18-19 componenti.



C’è da dire che durante l’incontro con il Pdl, Letta si è ritrovato di fronte un Denis Verdini particolarmente severo: «Dici che vuoi fare un mix tecnici-politici? Bene, ma visto che i tecnici sono tutti di sinistra, dovrai metterli in quota Pd...».



La seconda indicazione del premier incaricato è stata sulla fisionomia dei ministri: «Servono persone d’esperienza e con competenza in grado di essere immediatamente operative. La mattina dopo l’insediamento, molti dicasteri avranno picchetti di protesta e non potranno fare mesi di pratica. Quindi, non ho bisogno di gente che debba fare scuola guida, ma di gente che sappia subito avviare il motore della macchina e partire».



Fin qui le parole. Nei fatti, Letta sta cercando di evitare nomi di «impresentabili» che spaccherebbero il Pd al momento del voto di fiducia. Così, cercando di non inserire in squadra Massimo D’Alema, solo per fare un nome, il premier incaricato cerca di depennare molti candidati proposti dal Pdl mercoledì.



Molti ex, come Fabrizio Cicchitto, Maria Stella Gelmini, Renato Brunetta, Renato Schifani (quest’ultimo ha deciso di fare un passo indietro per togliersi «dalla linea di tiro»). Nomi che provocherebbero la rivolta della base e dei parlamentari democrat.



«Se ci fosse D’Alema agli Esteri», dice un alto esponente del Pd, «vorrebbe dire avere Berlusconi all’Economia. Più si alza la soglia di rappresentanza, più tutto diventa più difficile e indigeribile. Per questa ragione, come noi dovremo rinunciare ai nostri big storici, così il Pdl dovrà fare altrettanto». Questo non varrebbe per Giuliano Amato che ha uno sponsor d’eccellenza: Giorgio Napolitano.



L’ORA DEI GIOVANI

Dunque, per evitare il baratro, per dribblare il tritacarne dei veti incrociati, largo ai quarantenni. Come Lupi, Bernini, Carfagna, Alfano per il Pdl. E come Franceschini e Fassina per il Pd. Una regola che non varrà per i tecnici, tant’è che dovrebbero essere riconfermati Anna Maria Cancellieri (Interni), Paola Severino (Giustizia, l’alternativa è Fernanda Contri), Enzo Moavero (Europa). Come potrebbe restare nel ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà.



Se si troverà l’accordo, bene. Altrimenti Letta sembra intenzionato ad appellarsi all’articolo 92 della Costituzione, quello che affida al presidente del Consiglio la scelta dei ministri. In piena autonomia. «I partiti sceglieranno solo i sottosegretari», azzarda un lettiano doc.