Una diagnosi che avrebbe potuto cambiare il destino di un uomo è rimasta ignorata per anni. Per questo motivo la Casa di Cura Mater Dei di Roma è stata condannata a risarcire con 670 mila euro i familiari di Giuliano Salcito, morto nel 2016 a causa di un tumore retroperitoneale che, secondo la perizia medico-legale, sarebbe potuto essere individuato già nel 2011.
I sintomi ignorati
Tutto ha inizio nel novembre di quell'anno, quando Salcito — già operato nel 1996 per un adenocarcinoma al polmone — viene ricoverato nella clinica privata di via Bertoloni per un intervento di routine: asportazione delle emorroidi e di un’ernia inguinale bilaterale.
La diagnosi di tumore
Con il passare degli anni, quella massa silenziosa si trasforma in un nemico implacabile. Nel dicembre 2015 arriva la diagnosi definitiva: tumore retroperitoneale inoperabile. Giuliano Salcito muore pochi mesi dopo, nel maggio 2016, senza sapere che il male che lo ha ucciso era stato già segnalato nei referti clinici di cinque anni prima. I familiari decidono di affidare tutta la documentazione sanitaria a un medico-legale. Il suo verdetto non lascia spazio a dubbi: esiste un nesso diretto tra la lesione riscontrata nel 2011 e la diagnosi mancata, che ha impedito ogni possibilità di cura.
La sentenza
La perizia ha evidenziato una grave condotta omissiva da parte dello staff medico della clinica Mater Dei. Secondo quanto emerso in sede giudiziaria, il mancato approfondimento dei reperti diagnostici ha determinato la perdita di una chance terapeutica fondamentale per la sopravvivenza del paziente. «È stata una causa lunga e combattuta, ma alla fine è stata fatta giustizia — ha dichiarato Bruno Sgromo, legale della famiglia Salcito —. Il tribunale ha riconosciuto la responsabilità della struttura e ha stabilito un risarcimento congruo per gli eredi».