SENIGALLIA - Una prima relazione degli ispettori è arrivata a Roma già nel pomeriggio di lunedì. Ma, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara vuole scavare più a fondo. Ed è per questo che, tenendosi costantemente in contatto con la direttrice dell’Ufficio Scolastico Regionale Donatella D’Amico, ha richiesto un ulteriore approfondimento sulla tragedia di Senigallia, anche alla luce delle dichiarazioni rese dai genitori e delle testimonianze di studenti e amici del 15enne suicida. Per colpa dei bulli, secondo la famiglia.
La comunità
«La scuola deve essere una comunità umana e educante – le parole del ministro - in cui il ruolo del docente non si limita alla trasmissione dei saperi ma si estende alla costruzione, all’interno della classe, di rapporti improntati all'ascolto, all’accoglienza, al rispetto reciproco». Prosegue Valditara: «È fondamentale che la scuola sappia intercettare le fragilità dei giovani ma anche educare alla responsabilità individuale, intervenendo con autorevole severità in presenza di comportamenti improntati a violenza, prepotenza e bullismo».
Ieri mattina è stato ascoltato dai carabinieri l’insegnante di sostegno indicato dai genitori come la persona a cui Leonardo aveva chiesto un consiglio. I primi giorni di ottobre il confronto. Stando a quanto emerso, il 15enne lo aveva avvicinato durante la ricreazione per raccontargli che pensava di interrompere gli studi. Cosa che non avrebbe potuto fare, come il prof aveva spiegato, fino ai 16 anni per via dell’obbligo formativo. Lo studente, però, non avrebbe rivelato i motivi di quel desiderio: nessun accenno al bullismo. «In caso contrario mi sarei subito rivolto al preside, chiedendo di contattare la famiglia» il senso delle parole del docente. Ma per i genitori del 15enne, la scuola avrebbe dovuto sapere.
La chat
La chat WhatsApp del 9 ottobre, quando Leonardo ha informato la madre di aver parlato con il prof, è stata consegnata ai carabinieri mercoledì mattina, nell’integrazione-bis della denuncia sporta domenica notte. La prima risale a lunedì mattina, quando la famiglia ha messo a disposizione degli investigatori tutti i dispositivi elettronici dello studente, tra cui smartphone, Pc e Playstation, oltre ai suoi profili social (Facebook, Instagram e TikTok). Sono stati indicati anche i nominativi dei tre amici del cuore di Leonardo nella speranza che a loro il figlio abbia raccontato qualcosa in più. Sui dispositivi la procura ha disposto l’analisi forense.