Agricoltura, il post Xylella: in Puglia boom di aridocoltura

Ortaggi, grani e legumi senza irrigazioni

Agricoltura, il post Xylella: in Puglia boom di aridocoltura
Un tempo l’unica acqua di cui disponevano i contadini del Salento era quella piovana, recuperata dalle terrazze e convogliata nelle cisterne. Ascolta: <span...

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Un tempo l’unica acqua di cui disponevano i contadini del Salento era quella piovana, recuperata dalle terrazze e convogliata nelle cisterne.

Un tempo lontanissimo, nel quale la parola recupero apparteneva al rosario laico delle abitudini quotidiane. Come spesso accade, le buone pratiche ambientali vengono dal passato e che le si riproponga tal quali – come fanno alcuni ambientalisti ortodossi – o vengano sfruttate come base teorica delle più moderne tecnologie a disposizione di grandi aziende agricole, poco importa. Soprattutto perché in Puglia, a partire dal Salento e muovendosi verso Nord, la priorità è oggi ricostruire dal nulla un paesaggio e un’agricoltura costretti a misurarsi con i profondi cambiamenti climatici in atto e, in aggiunta, con il deserto lasciato dalla xylella, il batterio killer degli ulivi che ha distrutto, nella sola provincia di Lecce, un polmone verde di 90mila ettari e in tutta la regione 21 milioni di alberi, costringendo alla chiusura 470 frantoi.

IL PROGETTO

 Così, c’è chi, come la cooperativa Karadrà di Aradeo, coltiva in aridocoltura – ovvero con minime quantità di acqua – ortaggi, grani, legumi e una sottovarietà di pomodoro regina, completamente autoctona e vanto locale perché recuperata da una manciata di semi custodita da alcuni anziani del posto. Ottime rese e niente irrigazione, giacché nel sottosuolo pugliese la poca acqua a disposizione sta diventando sempre più salata ed è quindi inutilizzabile a scopi agricoli. A Castellaneta, secondo Coldiretti, sono stati già coltivate 32mila piante di avocado, nel Salento 8mila di mango e pochi ettari di bacche di Goji. La tropicalizzazione del clima – con lunghi periodi di siccità alternati a piogge brevi e abbondanti – ha spinto alcune aziende a reinventarsi seguendo i trend del momento, sebbene la strada tracciata dalla Regione per la ricostruzione del paesaggio post xylella vada in direzione opposta.

OBIETTIVI

 Infatti, con il progetto sperimentale “Terre Pioniere”, messo a punto per conto dell’ente dagli atenei pugliesi, si tenterà di risolvere l’impoverimento dei suoli, l’impatto dei cambiamenti climatici e di restituire ai cittadini il verde perduto puntando su varietà che, fino a 70-80 anni fa, caratterizzavano la campagna salentina e pugliese: il carrubo, il mandorlo, 32 varietà di fichi diversi, il melograno, i fichi d’india. Un ritorno all’antico per ripensare il futuro.

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Corriere Adriatico